In occasione delle feste natalizie ai membri del governo della Chiesa, il nostro Papa Francesco torna ancora una volta a parlare dei pericoli e dei mali che caratterizzano il lavoro dei suoi collaboratori invitando a superarli, e ricorda come sia difficile riformare un’istituzione variegata e complessa come la Santa Sede.
“Superare quella squilibrata e degenere logica dei complotti o delle piccole cerchie che in realtà rappresentano, nonostante tutte le loro giustificazioni e buone intenzioni, rimane un cancro che porta all’autoreferenzialità, che si infiltra anche negli organismi ecclesiastici in quanto tali, e in particolare nelle persone che vi operano” -ribadisce il Papa- “Fra questi il pericolo dei traditori di fiducia o degli approfittatori della maternità della Chiesa, ossia le persone che vengono selezionate accuratamente per dare maggior vigore al corpo e alla riforma, che non comprendono l’elevatezza della loro responsabilità e si lasciano corrompere dall’ambizione o dalla vanagloria e, quando vengono delicatamente allontanate, si autodichiarano erroneamente martiri del sistema, del ‘Papa non informato’, della ‘vecchia guardia, invece di recitare il ‘mea culpa’. Accanto a queste persone ve ne sono poi altre che ancora operano nella Curia, alle quali si dà tutto il tempo per riprendere la giusta via, nella speranza che trovino nella pazienza della Chiesa un’opportunità per convertirsi e non per approfittarsene. Questo certamente senza dimenticare la stragrande parte di persone fedeli che vi lavorano con lodevole impegno, fedeltà, competenza, dedizione e anche tanta santità” ponendo in maniera decisa la sua riflessione critica.
La stessa diagnosi che venne fatta anche il precedente anno, in cui il Papa indicò le quindici malattie insediate nella curia vaticana. Si parlava di: una forma di Alzheimer spirituale in cui si dimentica il rapporto con Dio e si muovono spinti dalle loro passioni e dai loro capricci. L’impigrimento mentale e spirituale, la schizofrenia esistenziale che porta a vivere una doppia esistenza. Il profitto mondano che colpisce i curiali esibizionisti. La malattia della rivalità e della vanagloria che soffrono di un falso misticismo e falso pietismo e per i quali apparenza e gloria delle vesti diventano obiettivo primario della vita e infine non mancano anche i pettegolezzi: una sindrome recidiva e capace di degenerare nel “terrorismo delle chiacchiere”.
Per Francesco è opportuno che i dicasteri romani debbano operare in maniera conforme alla loro natura e alla loro finalità per il bene e per il servizio alle Chiese, sulla necessità di un organismo che non sia chiuso in sé stesso ma aperto e rispettoso nei confronti delle Nazioni, con le Chiese particolari, con le Chiese Orientali, nel dialogo ecumenico, con l’Ebraismo, l’Islam e nel rispetto di tutte le altre religioni.
Martina Fiorentino