Dio è misericordioso” e “l’offesa più blasfema è profanare il suo nome odiando il fratello. Ostilità, estremismo e violenza non nascono da un animo religioso: sono tradimenti della religione. E noi credenti non possiamo tacere quando il terrorismo abusa della religione” Lo ha detto il Papa nell’incontro interreligioso nella piana di Ur (Nassiriya, Sud dell’Iraq) sottolineando che “sta a noi dissolvere con chiarezza i fraintendimenti. Non permettiamo che la luce del Cielo sia coperta dalle nuvole dell’odio! Sopra questo Paese si sono addensate le nubi oscure del terrorismo, della guerra e della violenza”. Queste le parole riportate da Ansa. Ieri per il pontefice c’è stato l’importantissimo incontro con il Grande ayatollah Ali al Sistani, la massima autorità religiosa sciita del paese.
Al Sistani, 90 anni, non è soltanto un religioso riconosciuto da moltissimi iracheni e fedeli sciiti: è molto di più, un leader che quando è intervenuto nelle questioni politiche più dibattute degli ultimi vent’anni in Iraq ha cambiato la storia del paese. Durante la visita, durata circa quarantacinque minuti, il Papa ha sottolineato “l’importanza della collaborazione e dell’amicizia fra le comunità religiose perché, coltivando il rispetto reciproco e il dialogo, si possa contribuire al bene dell’Iraq, della regione e dell’intera umanità”. Su Ansa si può leggere che il direttore della sala stampa vaticana Matteo Bruni afferma che “l’incontro è stata l’occasione per il Papa di ringraziare il Grande Ayatollah Al-Sistani perché, assieme alla comunità sciita, di fronte alla violenza e alle grandi difficoltà degli anni scorsi, ha levato la sua voce in difesa dei più deboli e perseguitati, affermando la sacralità della vita umana e l’importanza dell’unità del popolo iracheno”. Si fa difficile la situazione COVID-19 anche in Iraq, situazione che si aggiunge ad altri tre grossi problemi, legati tra loro, che l’Iraq ha in questo momento: lo stato è vicino al fallimento a causa del calo del prezzo del petrolio; il paese si trova in mezzo alle tensioni tra Iran e Stati Uniti; e il primo ministro nominato la settimana scorsa potrebbe non riuscire a ottenere il sostegno necessario per governare, come i due nominati prima di lui. Riuscirà il paese a riprendersi?