Nuovo appello del Papa a combattere la corruzione e a non restare “a braccia conserte” davanti alla povertà. Ad Antananarivo, capitale di un povero Madagascar, di fronte a 800mila, ma qualcuno calcola persino un milione, di persone radunate per la grande Messa nel campo diocesano di Soamandrakizay, Franceso denuncia: “Guardiamoci intorno: quanti uomini e donne, giovani, bambini soffrono e sono totalmente privi di tutto. Questo non fa parte del piano di Dio”. Perciò è urgente, ha detto nell’omelia, “l’invito di Gesù a morire alle nostre chiusure, ai nostri orgogliosi individualismi per lasciare che lo spirito di fraternità – che promana dal costato aperto di Cristo, da dove nasciamo come famiglia di Dio – trionfi, e ciascuno possa sentirsi amato, perché compreso, accettato e apprezzato nella sua dignità”.
Il Pontefice ha anche ricordato che “davanti alla dignità umana calpestata spesso si rimane a braccia conserte oppure si aprono le braccia, impotenti di fronte all’oscura forza del male. Ma il cristiano non può stare a braccia conserte, indifferente, o a braccia aperte, fatalista, no. Il credente tende la mano, come fa Gesù con lui”.
I poveri sono i destinatari privilegiati del Vangelo. È questa una delle raccomandazioni del Papa, consegnate ai vescovi del Madagascar durante l’incontro nella Cattedrale di Andohalo ad Antananarivo. Dopo l’intensa mattinata, durante la quale aveva rivolto un appello contro la deforestazione e a favore dello sviluppo sostenibile, Francesco, con ampie aggiunte a braccio al discorso scritto, ha messo in evidenza l’esigenza di una attenzione particolare agli ultimi nella pastorale della Chiesa cattolica locale. “L’annuncio del Vangelo – ha detto – include la vostra preoccupazione per tutte le forme di povertà: non solo assicurare a tutti il cibo, o un decoroso sostentamento, ma che possano avere prosperità nei suoi molteplici aspetti. Questo implica educazione, accesso all’assistenza sanitaria, e specialmente lavoro, perché nel lavoro libero, creativo, partecipativo e solidale, l’essere umano esprime e accresce la dignità della propria vita. Il giusto salario permette l’accesso adeguato agli altri beni che sono destinati all’uso comune”.
Quindi, ha proseguito, “dobbiamo essere i primi nella scelta di proclamare il Vangelo ai poveri: ‘Non devono restare dubbi né sussistono spiegazioni che indeboliscano questo messaggio tanto chiaro. Oggi e sempre, i poveri sono i destinatari privilegiati del Vangelo, e l’evangelizzazione rivolta gratuitamente ad essi è segno del Regno che Gesù è venuto a portare. Occorre affermare senza giri di parole che esiste un vincolo inseparabile tra la nostra fede e i poveri. Non lasciamoli mai soli’ (ibid., 48). In altre parole, abbiamo un dovere particolare di vicinanza e di protezione verso i poveri, gli emarginati e i piccoli, verso i bambini e le persone più vulnerabili, vittime di sfruttamento e di abusi”.
A braccio il Papa ha poi aggiunto: “Sono vittime della cultura dello scarto che oggi è entrata nei programi della società. Scarto della vita nascente e della vita morente, di cui si affretta la dipartita”.
Ai suoi confratelli vescovi, il Papa ha poi raccomandato tre vicinanze: “A Dio nella preghiera, ai sacerdoti che devono sapere di avere nel vescovo un padre e al popolo. Un pastore che perde la vicinanza del popolo diventa un funzionario di corte, magari corte papale, ma inutile”. E infine ha raccomandato discernimento nelle vocazioni, per garantirne l’autenticità. Facendo un paragone con la crisi vocazionale dell’Europa, ha consigliato i vescovi di non prendere i “cacciati da altri seminari o dalla vita consacrata”. E quanto ai laici ha ricordato che non bisogna clericalizzarli. “Che facciano i laici – ha detto – Non fateli diventare diaconi permanenti. E se ci sono i dicaconi permanenti, che siano particolarmente impegnati nel servizio della carità. Per favore che non siano preti o vescovi mancati, allontanateli dall’altare e mandateli in missione nella società”.