Notte di lavoro al Ministero dell’Economia e Finanze sul Recovery Plan. I tecnici del Tesoro guidati da Roberto Gualtieri stanno “modellando” il Piano di Ripresa e Resilienza cercando di venire incontro alle richieste dei partiti e domani mattina il testo sarà consegnato al premier Giuseppe Conte.
E, come richiesto più o meno da tutti, salgono le risorse per la sanità: si calcola che saranno fino a 18 miliardi rispetto ai 9 previsti inizialmente. Ma, sullo sfondo, resta il nodo Mes. Il timore nel M5S è che infatti un riferimento al fondo salva-stati, tabù dei pentastellati, alla fine possa essere inserito anche se al momento dal governo negano che sia così. Infrastrutture sociali, istruzione e cultura sono i settori su cui gli stanziamenti sono cresciuti. In tutto il Recovery Plan, in maniera trasversale, sono stati potenziati i progetti finalizzati alle donne, ai giovani e al Sud. L’aumento delle risorse per la sanità e per gli altri progetti è stato possibile grazie all’intesa raggiunta col Ministro per il Sud e la coesione territoriale Peppe Provenzano: all’interno del Pnrr, molti progetti destinati alle aree svantaggiate saranno finanziati con una parte dai Fondi europei per la coesione territoriale, che già erano previsti nel tendenziale (dunque non aumentano il deficit) ma non erano ancora stati ancora programmati. Nel documento, quindi, non solo sarebbero stati modificati i saldi, per venire incontro alle osservazioni dei partiti, ma sarebbe stato aggiunto un intero capitolo per inquadrare le possibili interazioni dei progetti del Piano con quelli finanziati con le altre risorse comunitarie e i fondi di coesione.
E il Mes? Convitato di pietra del lavoro sul Recovery Plan il fondo salva stati, nelle scorse ore, sarebbe comparso nelle riunioni sul dossier. Secondo fonti di primo piano del M5S a un certo punto al premier Giuseppe Conte sarebbe stato proposto di inserire un terzo del Mes nel Recovery. Una cifra quindi pari a 12 miliardi. I pontieri pentastellati avrebbero anche sondato diversi parlamentari ottenendo una risposta: è “complicato” che i gruppi tengano sul sì al fondo, anche se fosse un mini-Mes. In caso di inserimento del fondo nel Recovery, così come chiede costantemente Matteo Renzi, il rischio spaccatura del movimento è matematico. E anche per questo, probabilmente, Conte ha frenato. Con il risultato che, al momento, il Mes nel Pnrr non comparirebbe.
“L’unica novità è che sono passate 24 ore”. Nel settimo giorno di pre-crisi lo stallo totale nel governo acquista improvvisa solidità. Il “rimpastino” sembra già appartenere al passato. E sulle dimissioni di Giuseppe Conte, vero obiettivo di Iv, con conseguente crisi pilotata ed eventuale Conte-ter, da Palazzo Chigi filtra a dir poco scetticismo. “Al momento l’opzione non c’è”, spiega una fonte che ha dimestichezza con il capo del governo. Lo stallo, dopo gli spiragli di trattative dei giorni scorsi, arriva fin su al Colle, dove il presidente Sergio Mattarella vigila con crescente preoccupazione. E al Quirinale si ribadisce un assunto: da un lato c’è l’apertura – pur considerandola rischiosa – a un rimpasto e anche al Conte-ter; dall’altro c’è l’indisponibilità a “governicchi” con maggioranze abborracciate o di salute pubblica. La via maestra in caso di crisi, quindi, non è neppure un governo istituzionale (circola, nei palazzi romani, sempre il nome di Marta Cartabia) ma quella del ritorno alle urne. Anche perchè non bisogna dimenticare che è entrata a regime la riforma costituzionale sulla riduzione del numero dei parlamentari. Ed è una linea che il Pd, di fatto, sembra condividere. “Non è che ci piace votare in piena pandemia ma temiamo che le elezioni siano l’unica strada possibile perché tutte le altre ipotesi ad una soluzione costruita sulla base dell’attuale equilibrio, pur con i necessari ritocchi, non sono perseguibili”, scandisce il vice segretario Pd Andrea Orlando ribadendo che prima di tutto serve “un patto di legislatura”. Patto di legislatura quindi, “no” ad un’alleanza con la destra sovranista e ferma contrarietà ad una crisi al buio sono la stella polare del Pd.
Al Nazareno si susseguono riunioni, dall’incontro di Zingaretti con il comitato politico a quella di Orlando con i segretari regionali. I Dem chiedono di partire dai contenuti per poi verificare se ci sono le condizioni per una soluzione ‘pilotata’ che faccia nascere un Conte ter. Il tema è che, al momento, un accordo tra gli alleati su come fare il rimpasto, non c’è. Anche perché, se non si passasse per le dimissioni del premier toccherebbe ai singoli partiti convincere i ministri “selezionati” a lasciare l’incarico. Con esiti imprevedibili. Ed è da questo stallo, anche, che nasce lo scetticismo del premier per il Conte-ter. Con un’intesa blindata, una crisi-lampo con dimissioni consegnate al Quirinale e immediato voto di fiducia alle Camere questo scetticismo potrebbe anche scemare, ma la strada è in salita. Anche perché ogni volta che Matteo Renzi va in tv e “bombarda” il governo, a Palazzo Chigi si convincono un po’ di più della sua inaffidabilità. Anche oggi il leader di Iv parla di “problema politico” con il presidente del Consiglio ed elenca tutti i nodi su cui difficilmente cederà: il Mes, il Recovery, la delega ai Servizi, perfino il reddito di cittadinanza. “Se le nostre idee non vi servono, tenetevi le poltrone”, è il suo affondo. E da Iv fanno sapere che non ci sono stati ancora contatti con Palazzo Chigi. Dunque i renziani reputano ancora ogni scenario aperto.. E in Iv non passa inosservata la nota di Cambiamo!, il partito di Toti, che apre a un “esecutivo di salute pubblica”. Qualche renziano la legge come un segnale a Conte, anche se i ‘totiani’ negano. Ma tornano a circolare voci di un lavoro in corso, con contatti anche da Palazzo Chigi, per formare un gruppo di “responsabili” o “costruttori”, al Senato. Da Iv confermano che sarebbero stati sondati anche un paio di senatori renziani e che i due parlamentari avrebbero girato il messaggio a Matteo Renzi. La reazione? “Auguri e tanti, tanti responsabili”, avrebbe detto il leader di Iv. E una fonte qualificata di Iv commenta: “Se così stanno le cose vuol dire che Conte vuole lo showdown, la conta in Parlamento”.