di Carlo Fedele
Il nuovo sistema tariffario dei trasporti in città e Provincia è partito e Dio solo sa se arriverà e quando arriverà alla comprensione di tutti. Volevano complicare ulteriormente le cose in un settore pubblico già allo sfascio? Gli ideatori hanno colpito nel segno. Ai continui ritardi, alla mancanza e alla fatiscenza dei mezzi, si è aggiunto non solo l’aumento del costo dei biglietti, ma anche un caos senza precedenti per i cittadini che non sanno più quale biglietto acquistare.
Partiamo con ordine. Nel lontano 2003 si proiettava un sistema di trasporto pubblico all’avanguardia che era esteso a tutta la Regione, la tariffa integrata UNICOCAMPANIA, tra Napoli e 550 Comuni con un bacino d’utenza di 5.630.000 abitanti. In questo modo, la Campania è diventata un esempio, a livello europeo, d’integrazione tariffaria, sia per estensione territoriale sia per complessità del sistema. Un esempio che molte Regioni italiane e molte città europee hanno scelto come modello da seguire. Il presidente della Regione Caldoro e l’assessore ai trasporti pubblici Vetrella con una delibera regionale sanciscono oggi la fine del consorzio Unico Campania comportando la frammentazione dei trasporti in una miriade di aziende, ognuna delle quali emette, dal 1° gennaio 2015, il proprio titolo di viaggio aziendale.
L’obiettivo parrebbe quello di aumentare il numero di abbonati, ma l’effetto è che si penalizza in questo modo chi utilizza i mezzi pubblici solo di rado, mentre la mobilità è un diritto di tutti.
La colpa, secondo chi conosce bene la situazione politica, è dell’amministrazione Caldoro. Durante i 5 anni di (mal)governo abbiamo assistito ad un aumento del 60% del costo medio dei biglietti. Per giunta, all’aumento dei costi è corrisposto un decremento dei servizi. Basti pensare allo stato attuale di Cumana e Circumflegrea, linee ferroviarie gestite dall’ormai fallita Eav (amministratore Nello Polese, già sindaco di Napoli nei primi anni ’90, arrestato per bancarotta del Comune). In nessuna regione d’Italia sono stati fatti tagli così pesanti come quelli effettuati dalla Regione Campania. Il 27% in meno pesa come un macigno.
Pendolari provenienti dalle più disparate zone dell’interland napoletano, certamente la categoria più danneggiata dai rincari previsti dalla nuova struttura tariffaria dell’Unico Campania, ma anche cittadini del centro che hanno visto frustrata la possibilità di muoversi liberamente in città, hanno contestato l’improvvisa inversione di tendenza del Consorzio che, sin dalla costituzione, aveva giustificato la sua esistenza proprio grazie all’offerta di un trasporto integrato a tariffa fissa.
In città, per spostarsi in metro e in funicolare c’è il biglietto da un euro (corsa singola), chi deve prendere più di un mezzo è costretto ad acquistare il Tic, all’esorbitante cifra di 1,50 euro, e rassegnarsi a spostarsi su gomma. Già, perché il Tic non è valido su metropolitana e funicolari. Solo a danni fatti, oggi l’assessore Vetrella scrive una lettera al sindaco di Napoli Luigi De Magistris per chiedergli di rivedere la posizione del Comune in merito all’utilizzo del nuovo biglietto Tic, per estenderlo anche a corse illimitate, entro i 90 minuti, su metropolitana e funicolare. Un ripensamento dal sapore elettorale e in ogni modo dettato dall’impopolarità di cui gode.
Treni e bus fatiscenti, ritardi costanti, annullamenti delle corse e ora anche il rincaro del costo dei biglietti: questo il leit-motiv del Flash mob di qualche giorno fa in Piazza Dante.
L’aumento dei biglietti, con l’adeguamento alle nuove fasce tariffarie, per alcuni cittadini è stato di un’entità davvero inaccettabile e ciò vale per tutti i Campani. Non stiamo parlando di pochi centesimi, ma di cifre duplicate se non triplicate. Per andare da Battipaglia a Capaccio, entrambi comuni della provincia di Salerno, il costo del biglietto è passato da 1,60 euro (Unico) a 4,60 euro (Trenitalia). Un prezzo assurdo per una corsa singola di poco più di 20 km.
Un pendolare di Bacoli che per scuola o lavoro si reca a Napoli si troverà a spendere 2,50 euro per una corsa singola o 3,20 per un biglietto integrato: in pratica, dai 5 ai quasi 7 euro al giorno. Un disagio economico che si traduce in disagio sociale, studenti e lavoratori in difficoltà nel raggiungere le proprie sedi ridotti ormai all’esasperazione. Continui disservizi, mancanza degli stessi mezzi di trasporto, dei materiali per sostituzioni, mancanza di pulizia e talvolta delle condizioni di sicurezza necessarie, frane o disagi vari, i servizi sono costantemente interrotti senza adottare né predisporre piani di trasporto alternativi, oltre che adeguate strategie di informazione per gli utenti.
Col rischio di perdere un esame universitario per un ritardo e persino essere licenziati in quanto lavoratori.
Gli stessi addetti alle biglietterie, laddove ancora esistenti, e al controllo fanno confusione tra le tantissime fasce e tipi di biglietti, creando ancora più caos e stress per chi deve viaggiare. Mai nome per un biglietto per il trasporto fu più appropriato. Il tic nervoso degli utenti.