Nessun altro avvenimento della storia recente ha spinto tanto la ricerca scientifica e la nascita di nuove tecnologie, quanto la pandemia responsabile della CoViD-19. La celerità che ha caratterizzato la ricerca di base permettendoci di conoscere le caratteristiche strutturali, evolutive ed epidemiologiche di SARS-CoV-2 è la stessa adottata per lo sviluppo di strategie preventive, prime tra tutti i vaccini, assecondata anche da una volontà legislativa che ne ha ridotto i tempi di sperimentazione (Jeyanathan et al., 2020).
Lo sviluppo di vaccini a base di acidi nucleici (RNA) è figlio di questo periodo: un modo innovativo, più veloce e sostenibile di creare vaccini. Ma, come ci insegna la storia, la nascita di una nuova tecnologia è spesso accompagnata da paura. E ancora una volta, sfruttando un naturale momento di incertezza, mitomani e negazionisti, armati di nulla se non della loro grossa ignoranza scientifica, sfidano l’intelligenza e il sapere dichiarando che la strategia vaccinale diretta a debellare il SARS-CoV-2 basata sull’utilizzo di piccole molecole di RNA sia pericolosa perché in grado di modificare il genoma umano.
Niente di più FALSO!
Come sono fatti tali vaccini e come funzionano? Una volta individuata la regione del virus capace di attivare la risposta immunitaria tramite la formazione di anticorpi neutralizzanti, la ricerca di un vaccino si è mossa usando varie strategie. Al momento in cui scriviamo (22 dicembre) ci sono 166 candidati vaccini in fase di sviluppo preclinico e 57 in fase di sperimentazione clinica (fonte: WHO), sviluppati seguendo diversi approcci.
In sintesi, sono i tradizionali vaccini a base virale (virus inattivato, virus attenuato o vaccino basato su particelle virali simili); i vaccini che utilizzano alcune proteine espresse dal virus (o proteine ricombinanti); e, per la prima volta, vaccini basati sull’utilizzo di acidi nucleici (DNA e mRNA) (Jeyanathan et al., 2020). Quest’ultimo approccio, anche se mai utilizzato prima, non è nuovo alla scienza e già discusso da una decina di anni (Koirala et al., 2020).
Il concetto che ne è alla base è molto semplice. Una piccola molecola di RNA (chiamata RNA messaggero, mRNA), che contiene l’informazione per la produzione della proteina virale spike, responsabile dell’aggancio del SARS-CoV-2 alla cellula ospite (Buchholz et al., 2004), viene introdotta in un individuo inglobata in un involucro di lipoproteine (lipid nanoparticles, LNP) che fungono da trasportatori (Sahin et al., 2020). Una volta dentro la cellula, l’mRNA viene liberato e la sua informazione, tradotta in amminoacidi, costituirà la proteina spike (Jackson et al., 2020). La spike così prodotta verrà rilasciata al di fuori della cellula produttrice e verrà riconosciuta come estranea dalle cellule del sistema immunitario, le quali attiveranno la produzione di anticorpi per neutralizzarla (Sahin et al., 2020). Tali anticorpi rimarranno poi nella memoria del sistema immunitario e proteggeranno da eventuali infezioni future.
I vaccini di questo tipo rappresentano un gran passo in avanti nella ricerca farmaceutica: sono efficaci poiché capaci di indurre una forte risposta immunitaria; sicuri, in quanto caratterizzati da assenza di potenzialità infettive; facili e veloci da produrre, tramite sintesi in laboratorio, e sostenibili. Ma essendo le molecola di RNA fragili e instabili per propria natura (per svolgere al meglio la loro funzione cellulare), necessitano di essere mantenuti a temperature molto basse (da -20 a -70 °C) (Kaur & Gupta, 2020; Koirala et al., 2020).
Perché siamo certi che la modifica del patrimonio genetico è un evento impossibile, oltre che assurdo? L’idea che possano creare mutazioni o inserirsi nel genoma delle persone che si sottoporranno alla vaccinazione è del tutto infondata perché la molecola di mRNA è processata nel citoplasma, non nel nucleo cellulare (dove è presente il DNA), e successivamente viene degradata, quindi non c’è alcun rischio di interazione o integrazione con il genoma della cellula ospite (Kaur & Gupta, 2020).
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L’Osservatorio della cattiva Scienza è una rubrica a cura di Simone Di Giacomo e Simona Paglia, biologi del Dipartimento di Farmacia e Biotecnologie dell’Università di Bologna.