Sono oltre 3 milioni i Neet (giovani tra i 18 ed i 34 anni che non lavorano e non studiano) che in Italia hanno rinunciato a ogni tipo di prospettiva per il futuro a causa della mancanza di lavoro. È quanto emerge dal focus Censis – Confcooperative Millenials, lavoro povero e pensioni: quale futuro? che rimarca anche una differenza socio-economica tra Nord e Sud. Nelle sei regioni del Sud i Neet sono oltre la metà, ben 1,1 milioni, di cui 700mila circa concentrati in sole due regioni: Sicilia (317mila) e Campania (361mila). Il tasso di occupazione dei Neet in Campania è del 40,6, mentre quello di disoccupazione è del 30, 4, con un tasso di inattività del 41, 7.
A commentare il dato campano è il Presidente di Confcooperative Campania, Antonio Borea:
“Il numero di giovani che non lavorano e non si formano in Campania è ancora troppo alto. È una piaga sociale che riguarda il bene comune dei nostri territori: stiamo rischiando di perdere un’intera generazione. Come Organizzazione poniamo l’accento su quanto sia importante seminare cooperazione e autoimprenditorialità per arginare una dispersione di talenti e di risorse. La Campania è un territorio giovane, ma incapace di trattenere risorse umane e di orientare i ragazzi ad intercettare i loro talenti e le loro passioni. L’avvicinamento fin dall’età scolare al modo della cooperazione può essere un deterrente a questa problematica e assicurare dei risultati sul lungo periodo. È anche una questione di educazione e di cultura, oltre che di mezzi” afferma Borea.
Lo studio Censis/Confcooperative fa luce, tra le altre cose, sul gap tra il tenore di vita dei lavoratori e la sostenibilità a lungo termine dei sistemi di welfare. Per i giovani, in particolare, lo slittamento verso il basso delle remunerazioni, in assenza in Italia di minimi salariali, segnala in maniera ancora più marcata la separazione che sta avvenendo fra i destini dei lavoratori e la sostenibilità a lungo termine dei sistemi di welfare. Questo effetto di “sfrangiamento” del lavoro rispetto al passato è poi messo in evidenza dalle tipologie di lavoro a “bassa qualità” e a “bassa intensità” che si stanno via via diffondendo. Sono, infatti, 171.000 i giovani sottoccupati, 656.000 quelli con contratto part-time involontario e 415.000 impegnati in attività non qualificate.