L’imprenditoria italiana è sempre più multietnica: mentre le imprese autoctone chiudono, quelle straniere aumentano. Dai dati raccolti nel “Rapporto Immigrazione e Imprenditoria 2014”, curata dal Centro Studi e Ricerche IDOS in collaborazione con Unioncamere, emerge che nell’Ue gli imprenditori immigrati sono quasi 2 milioni (di cui poco meno della metà non comunitari) e si concentrano innanzitutto in Germania e in Gran Bretagna. In Italia, invece, se da una parte l’imprenditoria autoctona, costituita prevalentemente da piccole imprese, fa fatica a emergere nel mercato globale, dall’altra quella straniera si apre in misura crescente a forme di impresa più complesse, come le società di capitali. Questo dimostra che gli imprenditori nati all’estero sono riusciti a mantenere un significativo dinamismo imprenditoriale anche in questi anni di crisi (+4,1%), compensando la tendenziale diminuzione delle imprese guidate dagli italiani (-0,9%).
In relazione a questi dati, la stessa Commissione Europea, nel “Piano d’Azione Imprenditorialità 2020”, ha attribuito agli imprenditori migranti un ruolo importante per il rilancio dell’Unione e del suo sistema economico-produttivo globale, riconoscendo e sottolineando, per la prima volta, l’importanza del loro contributo all’imprenditorialità.
Ritornando al Belpaese il panorama dell’imprenditoria straniera appare frastagliato: il Nord raccoglie poco più della metà delle imprese immigrate, il Centro oltre 1/4 e il Meridione oltre 1/5.
La prima regione per numero di imprese immigrate è la Lombardia (19%), seguono il Lazio con il 12,2%, la Toscana ( 9,7%) e due regioni del Nord Est, Emilia Romagna (9,2%) e Veneto (8,6%).
In Campania le imprese registrate negli elenchi camerali costituiscono il 9,3% del totale nazionale. Tra queste, quelle condotte da immigrati sono circa il 5,3% del totale regionale e il 6,0% di tutte le imprese a conduzione straniera in Italia. La provincia di Napoli, da sola, ne raccoglie circa il 40,2%, seguita da Caserta (26,0%), Salerno (21,1%), Avellino (7,9%) e Benevento (4,7%).
Il principale comparto di attività è il commercio, che raccoglie quasi i 3/4 di tutte le attività imprenditoriali a guida immigrata della Regione (73,7%), seguito dalle costruzioni (5,2%), l’agricoltura (4,1%), le attività manifatturiere (3,7%%) e le attività di alloggio e di ristorazione (3,0%).
Tra il 2011 e il 2013, a fronte di una sostanziale stagnazione dell’imprenditoria autoctona, le imprese a conduzione immigrata sono aumentate complessivamente di 4.733 unità (+10,8%), in prevalenza nelle province di Napoli e di Caserta e, quanto ai comparti di attività, nel commercio (nonché in edilizia nel caso del casertano).
Ma quali sono i principali Paesi di origine degli immigrati imprenditori in Campania? Secondo l’indagine trimestrale condotta da Unioncamere sui dati del “Registro delle imprese delle Camere di commercio”, gli imprenditori stranieri più numerosi sono quelli provenienti dal Marocco (64mila) con una fortissima presenza nel commercio (oltre 46mila), seguiti dai cinesi (in totale 47mila), con oltre 5mila ristoranti e 16mila aziende manifatturiere, prime tra tutte quelle tessili concentrate soprattutto in Toscana, e ora in forte crescita anche tra i parrucchieri e nelle attività di servizio alla persona. Si conferma poi la forte presenza egiziana nella ristorazione (2.500, secondi dopo i cinesi) e degli albanesi nelle costruzioni (oltre 23mila, primi assoluti). In valori assoluti, il primato della crescita spetta però al Bangladesh che, con un aumento di 4.900 imprese, supera le 25mila ditte individuali, fortemente concentrate nei servizi alle imprese (call center, copisterie, ecc.). Alle sue spalle, il Marocco, con oltre 3.100 imprese in più negli ultimi dodici mesi. Quindi la Cina, con quasi 2mila nuove attività.
Dall’analisi emerge come le imprese di immigrati dimostrino una maggiore capacità nel fronteggiare la crisi rispetto alle imprese di italiani, compensando con la loro crescita l’assottigliamento progressivo della componente nazionale. Ciò in virtù di una diversa dinamica sia delle iscrizioni sia delle cessazioni. Nel caso degli immigrati, nel 2014 le iscrizioni sono aumentate di 4.264 unità rispetto al 2013, mentre le cessazioni si sono ridotte di 1.533. Nel caso degli italiani, invece, il sensibile e positivo rallentamento delle cessazioni (28.619 in meno dell’anno precedente) è stato accompagnato da una riduzione anche delle iscrizioni (-12.540 rispetto al 2013). Il risultato è stato una riduzione complessiva delle imprese guidate da italiani.
“Le trasformazioni che sta subendo il nostro sistema produttivo – ha detto il presidente di Unioncamere, Ferruccio Dardanello – rispecchiano chiaramente l’evoluzione in corso della nostra società, sempre più sollecitata dall’arrivo di persone provenienti da paesi stranieri”. “La crescente diffusione di queste iniziative imprenditoriali – ha continuato – dimostra che l’impresa resta una delle strade migliori per l’integrazione e la coesione sociale. Teniamo conto che, considerando anche le società di capitali, la presenza immigrata in Italia nel mondo imprenditoriale sale ancora, raggiungendo le 500mila unità”.
Il “Rapporto Immigrazione e Imprenditoria 2014” sarà presentato giovedì 16 aprile nell’Aula Magna del Dipartimento di Scienze Sociali dell’Università Federico II di Napoli.