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In Europa per «ripartire dalla dignità del lavoro»

Antonio Di Luca si oppone alla politica dell’ austerity proponendo una rinascita sociale che metta al centro la dignità del lavoro e la legalità.

Di Luca, lei ha scelto Tsipras o Tsipras ha scelto lei? In ogni caso, qual è stata la ragione di questa scelta?

‹‹Per la democrazia che c’è stata nelle direttive dei garanti, è la lista Tsipras che ha scelto me. È una lista anticapitalista e antiliberista. Tsipras è colui che ha sperimentato per primo gli effetti delle politiche di austerity verso il suo popolo e anche noi in Italia ne stiamo pagando le conseguenze. Io appartengo alle classi deboli che in questi anni hanno pagato un prezzo altissimo per le politiche di austerità dettate dalla Merkel, dal FMI e dalla BCE››.

Quindi è stato scelto per la sua visione anticapitalista?

‹‹Certo. Ho pagato in prima persona le scelte neoliberiste››.

Lei è nato in una famiglia di artigiani, è stato operaio, poi sindacalista. Si può dire che ha una cultura del lavoro che forse molti politici non hanno?

‹‹Che sicuramente non hanno, per quanto sono distanti dal mondo del lavoro››.

Crede che questo possa aiutare la sua campagna elettorale?

‹‹Me lo auguro. In questi giorni tutti parleranno di lavoro ma nessuno declina quale lavoro e in quali condizioni materiali. Io ritengo che la dignità del lavoro, quella che i nostri padri costituenti hanno voluto mettere al primo posto nella Costituzione (e nel comma 2 dell’ articolo 3), rappresenti quei diritti che determinano la vita e la dignità delle persone, sia nella sfera produttiva che nella sfera pubblica››.

Nella fortunata ipotesi di una vittoria elettorale, come intende procedere riguardo alla questione dell’ occupazione e del lavoro?

‹‹Il punto fondamentale è ripartire dal conflitto, perché senza conflitto non può esserci un patto generazionale o un patto tra capitale e lavoro. Il capitale, in questi anni, si è dimostrato violento, autoritario e soprattutto incapace di dimostrare che con lo sviluppo si potesse fare qualcosa di buono. Quindi, io sosterrò la dignità del lavoro. Il mio sogno è creare uno statuto dei lavoratori europeo che eviti il dumping sociale, ripartire dalla Carta dei diritti fondamentali, dalla Carta di Nizza. Mettere la persona al centro e non la merce››.

Arrivare all’ economia partendo dal lavoro, dalla produzione, e non il contrario. Sembra che il fulcro del suo programma sia proprio questo?

‹‹Partire dalla dignità del lavoro e arrivare all’ economia. Io insisto su questo perché spesso si gestiscono le cose a compartimenti stagni. Bisogna soprattutto capire cosa si produce, per quale mondo si produce e in quali condizioni materiali. Altrimenti c’è il rischio che un’ azienda produca pannelli solari che sono rispettosi dell’ ambiento però magari è un’ azienda che appartiene alla criminalità organizzata e ci lavorano persone di 16 anni, sfruttate, magari per 12 ore al giorno, o lavoratori precari ricattati quotidianamente. Una situazione del genere tecnicamente sarebbe una green economy, ma a capitale mafioso››.

Quindi tutela del lavoro che va di pari passo con la tutela della legalità.

‹‹Infatti. Il lavoro declinato per bene può abbracciare tutto, la legalità, l’ ambiente, attraverso le norme e le leggi››.

Ogni candidato ha dalla sua parte almeno un elemento che dovrebbe costituire una marcia in più rispetto agli altri. Qual è il suo?

‹‹Ribadisco che sono un operaio metalmeccanico, figlio di artigiani, e sono stato tra i primi, insieme alla mia famiglia, a pagare per la violenza dell’ austerity e dell’ autoritarismo nei luoghi di lavoro. Quindi, ripartire dalla dignità del lavoro attraverso una testimonianza reale, vera, di chi ha subìto, e che vuole cambiare››.

E per quanto riguarda la lista Tsipras?

‹‹La lista Tsipras è un insieme di donne e uomini, di movimenti e di forze politiche che in questi anni hanno resistito al modello autoritario e antidemocratico dettato dalla BCE, dal FMI e dalla Commissione Europea. Questo insieme racconta un diverso orizzonte di senso per un’ Europa dei popoli e delle persone e non l’ Europa delle merci e della violenza››.

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