A volte lo diamo per scontato, ma poter accedere a Internet e fruire senza limitazioni o quasi di qualsiasi contenuto disponibile online, non è un diritto di tutti.
Emerge chiaramente dall’analisi sul rapporto tra restrizioni, controlli, censura e Internet condotta in 150 paesi dagli esperti di Comparitech, che evidenzia come gli utenti italiani godano di un elevato di un grado libertà online anche rispetto a paesi geograficamente vicini.
DIRITTI DIGITALI. Gli esperti di Comparitech hanno analizzato le libertà digitali in base a cinque diversi criteri: possibilità di accedere ai torrent (cioè a condivisioni dirette da computer a computer di determinati file, per esempio musica e film), ai contenuti pornografici, ai siti di news, ai social media e alle VPN (particolari connessioni di rete che garantiscono l’anonimato a chi le utilizza).
I ricercatori hanno assegnato 1 punto quando l’accesso a questi contenuti o tecnologie è limitato, 2 punti quando è completamente bloccato. Più alto è il punteggio, minore la libertà digitale dei cittadini del paese in questione.
LA CLASSIFICA. L’elenco dei paesi digitalmente più repressivi è guidato dalla Corea del Nord, dove utilizzare i social media o accedere a siti porno è di fatto impossibile, le VPN e i torrent sono banditi e gli unici contenuti di informazione politica o attualità disponibili online sono prodotti dalla Korean Central News Agency.
Al secondo posto della classifica c’è la Cina, che blocca la pornografia, le VPN e i social media occidentali. Gli internauti cinesi sono costantemente controllati dal Grande Firewall, uno tra i più potenti ed efficienti sistemi di censura online mai realizzato.
UN LIKE PER LA GALERA. Le ultime leggi varate in Cina di fatto cancellano completamente la libertà di stampa ed espressione: i giornalisti possono essere incarcerati per aver pubblicato contenuti contro il governo, così come il pubblico può essere condannato per aver condiviso o messo un like ad articoli critici verso il potere costituito.
Sul terzo gradino del podio si posizionano a pari merito Russia, Iran e Turkmenistan, ciascuno con le proprie particolarità, ma tutti accomunati da una pesante censura sui siti di informazione e dal monitoraggio costante di chi accede ai social media.
La Russia per esempio ha imposto la registrazione del numero telefonico, così da impedire l’accesso anonimo a Facebook, Twitter e social vari. Il “planisfero” completo della censura digitale nel mondo è qui sotto: la legenda che associa a ogni colore il rispettivo punteggio si trova nella parte bassa, a destra.
ILLEGALE? NO, GRAZIE. La ricerca conferma come diversi paesi, anche occidentali, abbiano iniziato la lotta alla pirateria di musica e film ponendo limiti e vincoli alle piattaforme di condivisione dei torrent.
Tra questi la Bulgaria, Malta, il Liechtenstein, la Croazia, la Repubblica Ceca, l’Ungheria, la Slovenia, che hanno bloccato all’interno dei loro territori l’accesso a varie piattaforme utilizzate dagli utenti per scambiarsi illegalmente contenuti coperti da diritto d’autore.
DISINFORMAZIONE ONLINE. Poche sorprese per ciò che riguarda la libertà di accesso alle fonti di informazione online: la situazione peggiore si registra in Cina e in Russia, mentre in generale tutta l’Asia e l’Africa sono soggette a forti restrizioni o vere e proprie censure.
Nel mirino dei ricercatori anche alcuni grandi paesi occidentali, per esempio gli Stati Uniti, dove il clima politico, guidato dal Presidente Trump che più volte ha definito i giornalisti “i nemici dell’America”, non sembra voler favorire la libertà di espressione.
XXX, NON PER TUTTI. L’accesso a contenuti pornografici è pesantemente limitato o del tutto bloccato in diversi paesi dell’Asia e dell’Africa.
Fa eccezione l’Australia, dove guardare pornografia online è illegale dal 1992, anche se solo alcune città hanno adottato opportune misure tecniche per impedire l’accesso ai siti hard.
Più complicata la situazione nel Regno Unito, dove da un paio d’anni per accedere a contenuti pornografici occorre depositare online una copia di un documento di identità.
PRIVACY. L’ultimo capitolo dello studio si concentra sulle VPN, cioè le connessioni protette che garantiscono agli utenti l’anonimato e che permettono di aggirare le censure governative connettendo l’utente direttamente a server stranieri, così che possa accedere ai contenuti bloccati.
Questi software sono proibiti, per ora, solo in una manciata paesi: Corea del Nord, Cina, Russia e Iraq. In Iran sono consentiti solo se approvati dal governo, non offrendo quindi, di fatto, la sicurezza e la privacy richieste dagli utenti.
ITALIA LIBERA. E l’Italia? Secondo quanto emerge dallo studio il nostro paese è tra quelli in cui si gode la maggior libertà online, da ogni punto di vista. E’ infatti possibile accedere online a qualunque tipo di contenuto, senza particolari limitazioni, utilizzare i social media e proteggere il proprio anonimato digitale con ogni strumento e tecnologia.
Ma fino a dove è destinata a spingersi l’attività di controllo da parte dei Governi sull’attività online dei cittadini?
IL FUTURO NON È ROSEO. Secondo i ricercatori la situazione può solo evolversi in senso peggiorativo: se non stupisce vedere paesi come Corea del Nord, Cina e Russia ai primi posti di questa poco invidiabile classifica, ciò che deve far riflettere è la progressiva adozione di norme restrittive da parte di paesi occidentali e liberali come il Regno Unito o l’Australia, o il clima ostile nei confronti dell’informazione politica alimentato dal governo americano.
Per fortuna, concludono gli autori dello studio, per ora le VPN sembrano fuori dal mirino delle autorità, ma con la progressiva diffusione della censura digitale, l’elenco dei paesi che le metteranno fuori uso è destinato ad allungarsi.