Chi vuole accordo con M5S lo dica. Casa Dem è in Pse di Elisabetta GrazianiRoma, 30 mar. (LaPresse) – Il neo-senatore dem Gianni PITTELLA, già presidente del gruppo dei Socialisti e Democratici al Parlamento europeo, prova a scattare un’istantanea del Partito democratico attraversato in questi giorni da correnti contrapposte tra chi vorrebbe un dialogo con i Cinquestelle e quanti, invece, ribadiscono un netto ‘no’ tanto al centrodestra quanto al M5S in vista di un possibile governo.DOMANDA. Senatore, dopo le aperture di Dario Franceschini, ora Andrea Orlando parla di ‘dialogo doveroso’ con il M5S. Sono posizioni differenti rispetto a quelle di Martina e Renzi? RISPOSTA. E’ politicismo. Se Orlando o qualcun altro vuole l’accordo con il M5S lo dica e si apra un dibattito. Finora, a parte Emiliano, non c’è stata nessuna proposta per una nuova linea politica rispetto a quella uscita dalla direzione e votata all’unanimità. Quando qualcuno proporrà qualcosa di diverso ne discuteremo. Finora non ho sentito né Franceschini né Orlando parlare di un’alleanza con i Cinquestelle. Dopo di che, non mi appassionano le discussioni su convocare o meno i gruppi parlamentari prima o dopo le consultazioni al Colle. Se fossero emersi degli elementi di novità rispetto alla direzione, sarebbe stato necessario, non mi pare sia così.DOMANDA. Insomma, cosa dovrebbe fare il Pd rispetto al governo? RISPOSTA. Il Partito democratico ne ha discusso ampiamente all’indomani delle elezioni: saremo minoranza costruttiva nel Paese. E questo perché ci sono differenze quasi abissali sul piano pragmatico tra il Pd e i due mezzi vincitori, M5S e Lega. Non saremo né aventiniani né quelli che boicottano: le proposte in contraddizione con il nostro programma le bocceremo, quelle che si avvicinano non le ostacoleremo.DOMANDA. C’è una frattura nel partito? RISPOSTA. No, non c’è nessuna tensione e nessuna febbre alta. C’è una normale dialettica in un partito che è uno fra i pochi, se non l’unico, a potersi dire democratico. Finora si è lavorato in maniera unitaria. Piuttosto, perché non parliamo del comportamento gravissimo dei due mezzi vincitori delle elezioni che hanno occupato l’ufficio di presidenza, monopolizzando gli organi di controllo delle Camere? DOMANDA. Renzi controlla ancora il partito? RISPOSTA. Matteo Renzi ha fatto un gesto che gli fa onore. Si è dimesso, ma resta un leader e un esponente di primo piano nel partito. Certamente non è esiliato, non ha scelto la via di Cincinnato e ha diritto di parola nel dibattito senza la presunzione di poterlo determinare: vergognoso sarebbe pretendere il contrario. DOMANDA. Sandro Gozi sostiene che il Pd in Europa dovrebbe avvicinarsi a En Marche di Macron…RISPOSTA. Gozi è un autorevolissimo amico di partito, ma la sua è una posizione personale. Il Pd ha aderito all’alleanza dei Democratici e Socialisti (S&D) creata dal Partito del Socialismo Europeo (Pse): quella è la sua casa in Europa e da lì deve dialogare con i macroniani, con Tripras, con quelle forze che si oppongono ai regimi illiberali in Ungheria, con le forze cattoliche che non vogliono “l’orbanizzazione” dell’Europa. Questa è la differenza di fondo con la Lega sovranista e con il M5S, che annacqua l’europeismo e appartiene allo stesso gruppo di Nigel Farage nell’Europarlamento.