Non si spegne l’eco di “Diamo un calcio all’indifferenza”, l’iniziativa promossa dall’Associazione La Mansarda e fortemente voluta dal presidente Samuele Ciambriello, che nelle ultime settimane ha acceso i riflettori sul carcere di Poggioreale, portando al suo interno giornalisti e vecchie glorie del Napoli per fare del calcio un’occasione di solidarietà. L’incontro tra il mondo di dentro, i carcerati, e quelli di fuori, sul rettangolo di gioco del penitenziario, ha suscitato emozioni forti che uno dei detenuti ha raccontato nelle righe che seguono.
“Ho pensato di regalare una piccola riflessione personale a chi in questo periodo mi ha potuto incrociare in queste manifestazioni che stanno avvenendo tra le mura di Poggioreale. Mi chiamo Gennaro Riccio, ho 29 anni e sono in carcere per aver commesso delle rapine, ma prima di essere un detenuto di Poggioreale, sono stato a mia volta figlio di un detenuto e ho conosciuto le mura di questo posto all’età di 15 anni, quando venivo a fare visita all’uomo che mi ha messo al mondo. Ricordo che allora, nel lontano 2000, era tutto diverso in questo istituto e mio padre a differenza di oggi nel giorno del colloquio non ha mai potuto portarmi una caramella, e invece di sedersi in un posto riservato e decente, condividevamo lo spazio con altre famiglie, era un vero momento di tortura dove il dispiacere del contesto non lasciava spazio nemmeno alle parole, e l’unico modo di capirsi era il dolore che si leggeva negli occhi.
Oggi mentre mi rivedo all’aria aperta a giocare con dei professionisti, nello stesso luogo che in passato per me ha rappresentato una tortura psicologica, mi sono rallegrato nel vivere in prima persona il cambiamento che sta avvenendo tra mura di Poggioreale. Sono arrivato persino a lanciare un messaggio a mio padre (che purtroppo non c’è più e che si è spento con un infarto nel 2011 proprio in un Istituto Penitenziario). Gli ho confidato che quel posto che ci ha visto soffrire, oggi rilascia spiragli di luce dandoci la possibilità di reinserirci nella società; gli ho riferito anche cose più semplici, confidandogli che mia madre nel venirmi a trovare non deve più patire come faceva con lui.
Arrivato a questo punto voglio congratularmi con ogni singola persona: educatori, volontari, sistema penitenziario, Direttore, Direttrice e chi di dovere per i risultati che stiamo ottenendo ogni giorno che passa. Avverto in modo particolare questo cambiamento perché, come ho già sottolineato, ho vissuto il cosiddetto “inferno Poggioreale” e partecipare al rinserimento sociale è un orgoglio personale, che sento nel cuore. E se sono riuscito a rimanere a galla quando navigavo in acque agitate, sono certo che lo spiraglio di un percorso limpido mi possa portare a ottenere il riscatto dei miei errori. E da detenuto vi rincuoro dicendovi di non mollare e non darla vinta agli ostacoli che sono la rivalità dei progressi e vi assicuro che come voi sarò una delle tante bandiere della C.C. Poggioreale, che vi aiuterà a rivoluzionare la triste realtà del passato.
Diamo la possibilità di far conoscere la “legalità” a chi è nato e cresciuto “nell’illegalità” e non ha mai avuto la possibilità di capire che l’unica sua colpa è stata la non “CONOSCENZA”.
Infine, vi rendo omaggio con queste mie parole in modo da avere un minimo di fiducia nelle mie capacità e affinché possa crescere il numero di persone coinvolte in questa svolta sul diritto alla dignità. Approfitto per ringraziare tutte le persone che erano presenti: ci hanno reso felici e liberi con la loro presenza, e ai giocatori raccomando di non rammaricarsi per aver risentito l’età nelle gambe. Tanto ogni scarpa diventa scarpone! Quindi toccherà anche a noi.
Un ringraziamento speciale va al sig. Samuele Ciambriello che è stato l’organizzatore di questo stupendo evento e anche colui che sta collaborando a rendere più civile la nostra vita tra queste mura. Pertanto voglio rendere pubblica la stima che nutro per questa persona che è presente nei nostri giorni.
Saluto tutti anche a nome di tutti i miei amici detenuti”.