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“Io non ti appartengo” : si urla in giro per il Mondo

“Dovrebbe essere la Scozia uno stato indipendente?” – Appena 24 ore e gli elettori del Paese a nord della Gran Bretagna si troveranno di fronte a questo importantissimo quesito. “Si” o “No” le uniche risposte a loro disposizione una volta varcata la soglia della cabina elettorale. Ai forse, ai pro e contro, non verrà lasciato più alcuno spazio. Abbiamo ampiamente trattato, nei giorni scorsi, del desiderio di secessione della Scozia, di questi convulsi giorni in cui ci s’interroga sull’eventualità di scindere l’unione sancita, oltre 300 anni, tra Edimburgo e Londra.

Il primo ministro Salomon spinge forte per il “Si” e, a dirla tutta, ha conquistato la maggioranza delle preferenze degli scozzesi, alle ultime elezioni del 2011, proprio grazie alla propaganda d’indipendenza del proprio Paese. La maggior parte della popolazione, anche se in minima percentuale, sembra voler dar seguito alla scelta compiuta appena tre anni fa, anche se, stando alle opinioni delle maggiori banche del Paese, dei grandi manager e delle multinazionali presenti sul territorio, quella di Salomon sarebbe una mossa suicida, tant’è che molte di queste hanno annunciato il trasferimento della propria sede legale dalla capitale scozzese a quella inglese in caso di vittoria dei “si”. Alcuni prestigiosi editoriali del Financial Times e dell’Economist, le due testate più autorevoli del regno, si sono schierati, con uguali argomenti, per il “no” all’indipendenza, definendola come “sicura catastrofe economica”. Ad appoggiarli ecco anche l’autorevole firma dell’ex premier, nativo di Edimburgo, Tony Blair.

Il premier, dal suo canto, rilancia e afferma: “Il bullismo di Londra non ci spaventa. L’indipendenza ci renderà più ricchi. L’Inghilterra non offre reali opportunità a tutti: avvantaggia i ricchi, tassa i più poveri”. A favore di chi si schiereranno i cittadini scozzesi? Poche ore e scopriremo il verdetto. Tutt’altra storia, seppur di carattere simile, quella della penisola della Crimea. Lì a sud dell’Ucraina, sei mesi fa, la popolazione locale, in stragrande maggioranza composta da russi, ha votato per la propria autodeterminazione. Il partito del “si” ha stracciato i “no” con un netto 97%, accettando, di fatto, di poter annettere il proprio territorio a Mosca, liberandosi dal governo ucraino, non riconosciuto come proprio appena un mese prima. In questo caso, il referendum è stato, però, dichiarato non valido dall’Unione Europea e dagli Stati Uniti d’America, al contrario, Putin ne ha reclamato la legittimità, dando il via ad un rischioso conflitto tra Russia e Ucraina, con il pericolo di mettere in crisi la armonia globale.

Gli Alleati, al momento, si sono limitati a sanzionare economicamente la Russia, tenendola fuori anche dal prossimo G8, nel frattempo, durissimi scontri tra il governo ucraino e i ribelli della penisola, armati da Putin, continuano a susseguirsi sul territorio della contesa. Un intervento armato, da entrambe le parti, improbabile al momento, rischierebbe di innescare una terza guerra mondiale. “Siamo piccoli ma ci siamo anche noi!”. È quello che direbbero, in tutta probabilità gli abitanti di Ceuta e Melilla, piccole comunità spagnole in terra marocchina. Già! Perché se da un lato vi abbiamo parlato di una Catalogna smaniosa di distaccarsi dal resto della Spagna, dall’altro, da oltre 500 anni, si susseguono scontri ai confini delle due cittadine sopracitate. Il motivo? Il Marocco ne recrimina l’appartenenza, la Spagna, vista la loro posizione strategica sul Mediterraneo, non vuol sentirne parlare. La popolazione locale si divide tra rappresentanti della nazione iberica e quelli dello stato africano. Le barriere in ferro, che demarcano i confini dei due Stati, non riescono ad arginare i continui tentativi d’invasione provenienti dal continente nero. Anche in questo caso non vi è una vera e propria unità d’intenti della popolazione locale, difficile, pertanto, prevedere l’esito della disputa.

“Io non ti appartengo”: si urla in giro per il Mondo. Dalla Scozia, alla Crimea, dalla Catalogna a Melilla, senza scordare Gaza. Storie d’indipendenza, di appartenenza, di battaglie in difesa dei propri confini e delle proprie radici. Quello che deve far riflettere, però, è come uno stesso desiderio, in zone e contesti diversi nel Mondo, provochi reazioni differenti. Se da un lato, la democrazia permette ai cittadini scozzesi di esprimersi liberamente, accettando di prendersi la responsabilità di una scelta tanto importante, dall’altro, soprattutto in territori strategici per l’equilibrio mondiale, il controllo dei mercati, dei serbatoi di petrolio e altri tipi di ricchezze, lo stesso processo non è reso possibile da questioni che diventano internazionali alla velocità di uno schioccare di dita. In attesa del prossimo responso d’oltre-Manica, l’unica cosa che resta da fare è augurarsi che, come in Scozia, prima o poi, questi conflitti potranno risolversi in maniera democratica in una cabina elettorale, imbracciando soltanto una matita.

 

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