I drammatici fatti di questa notte; i crolli e le vittime di Amatrice, gli ennesimi nella storia del nostro Paese, dimostrano, purtroppo, che la nostra “classe dirigente”, che chi ha gestito e gestisce il potere pubblico, non programma, non pone in essere adeguate azioni di prevenzione, non guarda mai, seriamente e con lungimiranza, al futuro.
Solo dopo aver contato le vittime si prende realmente (?) coscienza dei problemi e questo triste dato, purtroppo, dice tutto!
Distrazione? Incapacità? Troppa instabilità “governativa”? Eccessiva parcellizzazione degli iter decisionali in un ordinamento nel quale, il principio di legalità e quello della divisione dei poteri, lungi dal combattere (seriamene) le derive di potere, hanno (soltanto) prodotto lassismo, menefreghismo e continui scarica-barile? Forse. Può darsi…
Uno Stato degno della sua “pubblica finzione”, ed una classe dirigente davvero preparata e capace, dovrebbero essere ben altro rispetto a quello che sostanziano nella dimensione attuale.
Quando si parla di ricostruire “un’area rappresentativa”; quando si sottolinea la necessità di ritrovare la dimensione del sogno e delle visioni ardite; quando si rimarca la necessità di rimettersi in cammino, si pensi anche (e soprattutto) a questo.
Oggi, e nei mesi a venire, è – e sarà – il giorno della solidarietà e delle lacrime, ivi comprese quelle istituzionali. Non sia soltanto emotività, però. Non si consumino soltanto chiacchiere. Questo Stato ed il suo apparato (da quello decisionale a quello propriamente burocratico-esecutivo) sono vecchi. Non sono più adeguati allo scopo.
Per rialzarsi bisognerà (ri)volare alto e vi è soltanto un modo per poterci riuscire. Riprendo un concetto. Lo ritengo necessario. Continuo a “sentirlo” come il “primo motore immobile” di quello che dovrebbe essere. Perché all’Italia non servono, né la demagogia, né i populismi. Non serve la rabbia e non servono nemmeno le lacrime. All’Italia serve una visione audace, irriverente, appassionata. Una fervente stagione di idee e di impegno “democraticamente incendiari”. Nel farlo, però, non si gridi. Non si urli. Non ci si contrapponga – necessariamente ed “a tutti i costi” – “l’un contro l’altro armato”.
Un grande Paese ha bisogno di tutti. Un grande Paese ha bisogno di cittadini consapevoli, studiosi, riflessivi e capaci di propugnate sintesi e proposte ardite. Nella storia della nostra Terra abbiamo avuto grandi uomini e grandi donne. Autentiche eccellenze. “Statisti” per impegno e per passione. Forse è davvero venuto il momento in cui ogni italiano diventi tendenzialmente uno “statista” (almeno nella tensione morale. Almeno nell’impegno autentico e sincero). Moderati ed equilibrati nei modi. “Alti” nell’impegno. Audaci e ribelli nelle visioni, nelle soluzioni e nelle idee…