Non solo unioni civili, non solo 80 euro alle neo mamme. Matteo Renzi ha utilizzato la trasmissione di Barbara D’Urso “Domenica Cinque” per annunciare anche le prossime iniziative del Governo in tema di cittadinanza dei figli di immigrati. Il comunicatore Renzi ha scelto, per lanciare la proposta del cosiddetto ius soli temperato, il salotto di una delle conduttrici-pilastro della tv berlusconiana, conscio che “il primato di audience nelle postdemocrazie può divenirlo anche di consenso elettorale, dal momento che i politici, tramontate le ideologie, necessitano di popolarità”, come ha scritto ieri su La Stampa Massimiliano Panarari.
Secondo un disegno di legge che dovrebbe approdare alla Camera entro fine anno, la concessione della cittadinanza, definita “un fatto di civiltà”, ai figli degli stranieri che nascono in Italia o ci arrivano nel corso della loro vita, sarà collegata al requisito del completamento degli studi dell’obbligo (nel primo caso) o della scuola secondaria superiore (nel caso dei ragazzi che arrivano nel nostro Paese in età adolescenziale). I minori stranieri interessati dalla legge sarebbero 1.087.016, il 60% dei quali nati in Italia, su un totale di 4milioni 388 mila stranieri residenti nello Stivale.
L’annuncio di Renzi segue di pochi giorni la manifestazione milanese anti-immigrati della Lega e tende la mano a quella parte del suo partito e del centrosinistra che fa fatica a scucirgli di dosso l’etichetta di destra. Il tema dei diritti per quelli che continuano “per legge” a essere classificati come cittadini di serie B, è da sempre caro alla sinistra. L’annuncio del premier inoltre mette pressione all’alleato Nuovo centrodestra e all’avversario Beppe Grillo: sia il partito di Alfano che il M5S non hanno una linea chiara sul punto, e se nel primo caso c’è la volontà di discuterne per arrivare a una soluzione, dall’altra parte la base del movimento e i gruppi parlamentari sembrano essere più aperti sul tema di quanto non lo sia il comico genovese che non più di un anno fa aveva ipotizzato di affidare a un referendum popolare la modifica della regola vigente dell’acquisizione della cittadinanza solo al compimento della maggiore età. Il lancio nel circuito della discussione politico/mediatica dello ius temperato è quindi un modo per agitare acque già increspate all’interno del movimento creando ulteriori occasioni di frizione e dissenso nei confronti dei vertici. Una mossa ben studiata che però non ha trovato il favore dell’Arci.
Chi da tempo si batte per i diritti dei G2, la seconda generazione dell’immigrazione, non ha abboccato all’amo renziano e, anzi, il vicepresidente nazionale Filippo Miraglia ha affidato a una lettera a Repubblica le sue considerazioni sulla proposta mettendo in evidenza innanzitutto che si tratta di “annuncio calcolato nei tempi e nei modi per avere il massimo impatto sui media (e magari spostare l’attenzione dai problemi del giorno)” , un tentativo di acquisire consenso sulla pelle delle persone, per poi passare all’analisi nel merito della proposta. “Un autentico bluff – scrive Miraglia – che, rispetto alla situazione attuale (a 18 anni chiunque sia nato in Italia può presentare richiesta di cittadinanza), abbasserebbe nel migliore dei casi solo di due anni l’età di accesso alla cittadinanza: in pratica, dopo tante chiacchiere, dalla nascita ai 16 anni i figli di immigrati continuerebbero a essere considerati stranieri nel Paese dove sono nati e cresciuti”. Il vicepresidente Arci ricorda che in Parlamento giace da anni una proposta di legge di iniziativa popolare per uno ius soli subordinato alla residenza alla residenza di uno dei genitori da almeno un anno. “Si conferma, da parte di Renzi, il solito fastidio non solo per il parere dei cittadini (in questo caso addirittura firmatari di una proposta di legge), ma anche per il lavoro del Parlamento” – è la dura conclusione della lettera.