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L’8 MARZO, LA FESTA DELLE DONNE E LE DIFFERENZE DI GENERE IN POLITICA

La festa delle donne, quest’anno, arriva un giorno dopo la proclamazione della vittoria di Valeria Valente alle primarie del centrosinistra a Napoli, una delle tre candidate donne che si sono presentate al voto tra Roma, Grosseto, Trieste, Benevento, Bolzano e il capoluogo campano, l’unica che ce l’abbia fatta.

Viene spontaneo soffermarvisi perché la giornata internazionale della donna non nasce dalla commemorazione delle operaie vittime di un incendio in una fabbrica, come le leggende metropolitane ci raccontano, ma affonda le radici nella lotta di un gruppo di femministe per il suffragio delle donne, agli inizi del secolo scorso, negli Stati Uniti. Dopo più di un secolo, non solo le donne possono votare, ma possono anche candidarsi e farsi eleggere alle più alte cariche politiche e amministrative, come Valeria Valente, appunto, dimostra. Ma quante sono quelle che ce la fanno, in Italia, a diventare sindaco, ministro o assessore?

Nel nostro Paese i sindaci donne ammontano a circa 1.050 su 7.823 comuni, vale a dire poco più del 13% del totale, e solo un capoluogo di regione, Ancona, è in mano a un primo cittadino donna, Valeria Mancinelli. Decisamente meglio in Parlamento: l’attuale legislatura è quella con la maggior presenza femminile di sempre (30%) e il governo di Matteo Renzi vanta il maggior numero di donne ministro (50%). Le cose cambiano quando si va a vedere a chi vanno gli incarichi più prestigiosi: di nuovo gli uomini in vantaggio, e le donne dietro. Anche se il Presidente della Camera è Laura Boldrini, anche se ne abbiamo fatta di strada da quelle prime 21 deputate elette.

L’8 marzo, soprattutto in un anno come questo, che è l’anno europeo della lotta alla violenza contro le donne, viene naturale ricordare Tina Anselmi Nilde Iotti, e come loro tutte le altre donne che hanno segnato traguardi importanti in politica e nella società. Forse adesso è il caso di dire che Federica Mogherini non è abbastanza. E non è nemmeno necessario andare, che so, in Turchia, in quella stessa Turchia di cui è Presidente quell’Erdogan che ha dichiarato che il massimo a cui può ambire una donna è essere madre.

Basta rimanere all’Italia, e tentare di lasciarci indietro tante manifestazioni di becere discriminazioni di genere, e di correggerle in una visione diversità dei rapporti uomo-donna. Lasciando stare Berlusconi, sulle cui gaffe sessiste si potrebbe scrivere un’enciclopedia, sono tanti gli altri che da destra e da sinistra si sono prodigati in tristi scenette e battute al sapor d’ignoranza.

Vi ricordate, per esempio, di Giuseppe Gianni, il deputato di UDC che, nel bel mezzo della discussione parlamentare sulle quote rosa, nel 2005, disse che «le donne non ci devono scassare la minchia»?

Vi ricordate di quando Nicola Morra, del M5S, disse che Maria Elena boschi sarebbe stata più per le forme che per le riforme?

Vi ricordate che, non molto tempo fa, i senatori Lucio Barani e Vincenzo D’Anna hanno indirizzato eloquenti gesti alla collega Barbara Lezzi?

Allora, oggi che è 8 marzo, mentre soffiamo sulle candeline in occasione del compleanno della giornata dedicata alle donne, ci auguriamo di non dover più assistere a episodi del genere. E magari che tra qualche anno ci sembrino solo un lontano ricordo.

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