Gli uffici di Palazzo Marini, che da tempo ospita i nostri deputati, chiudono e 462 lavoratori rischiano il posto di lavoro. Per effetto di una proposta del M5S accolta e sostenuta anche dagli altri gruppi parlamentari, entro la fine di quest’anno la Camera dei Deputati dovrà lasciare i palazzi seicenteschi tra piazza San Silvestro e via Poli, nel cuore di Roma, il cui contratto di affitto con l’immobiliarista Sergio Scarpellini è stato rescisso consentendo allo Stato di risparmiare oltre 30 milioni di euro.
Una decisione dettata dalla necessità di attuare la spending review a partire dalle massime istituzioni e per assecondare la domanda di riduzione dei costi della politica che i cittadini, vessati da imposte e crisi economica, ponevano da tempo.
Così, mentre i circa 400 parlamentari ospitati da Palazzo Marini preparano il trasloco, Montecitorio deve fronteggiare due nuovi problemi: uno di ordine gestionale e che rientra direttamente nelle competenze della Camera, cioè la ricerca di nuovi spazi in cui allocare gli studi dei deputati e dei loro collaboratori; e un altro che potremmo definire di carattere “sociale”, ossia la perdita del lavoro per 462 addetti a vari servizi, dalla sicurezza alla mensa passando per le pulizie, che lavoravano all’interno di Palazzo Marini e rispetto ai quali i vertici di Montecitorio non possono chiudere un occhio. I palazzi di Scarpellini infatti erano affittati alla Camera dei deputati con una formula “all inclusive”, cioè comprensiva di addetti assunti con contratto di V livello del settore turistico alberghiero e con stipendi netti che si aggirano intorno ai mille euro.
Se non si dovesse trovare una soluzione a breve, e per la quale i tre questori della Camera dei Deputati stanno mediando con la società Milano 90 che aveva stipulato anche i contratti degli operatori a rischio licenziamento, si ci ritroverebbe di fronte alla terza vertenza d’Italia per numero di lavoratori coinvolti, dopo Meridiana e le acciaierie di Terni.
Qualcuno di loro, l’ufficio di presidenza di Montecitorio sta pensando di inserirlo nel bando per la gestione dei nuovi uffici di Palazzo Valdina, dove migrerà una parte dei deputati. Per gli altri la questione è tuttora aperta e potrebbero ritrovarsi a pagare in prima persona il conto del taglio ai costi della politica.