Gli oggetti, gli involucri della vita, gli scarti, i suppellettili, robe inutili ma utili all’arte vengono esaltati in una mostra, a Roma, città che omaggia il genio di Armand Pierre Fernandez, a Palazzo Cipolla. Sono settanta le opere, molte di dimensioni monumentali, selezionate per questa personale in grado di raccontare l’intero cammino dell’artista: dalle prime prove ancora solo pittoriche e bidimensionali (a partire dalla serie di Gouaches del 1953-54), attraverso le più note Accumulations, fino agli ultimissimi lavori del 2005. Del suo modo di fare arte, Arman amava raccontare: «Usavo oggetti di ogni tipo e avevo cassetti pieni di ingranaggi e lampadine per radio. Un giorno, nel 1959, ho visto che un cassetto pieno di lampadine era un’opera completa. Ho applicato sopra un foglio di Rhodoid, ho dipinto i lati di nero e l’ho esposto così come era. È stata la mia prima Accumulation ».
Accumulation, sintatticamente accumulare oggetti, cose che forse non hanno senso ma che messe insieme parlano, raccontano storie, dialogano con chi le osserva e silenziosamente vogliono raccontarci quanto sia straordinario il mondo che ci circonda, quanto un oggetto inutile in realtà sia utile e imprescindibile. Una poetica della poubelle — massicciamente presente soprattutto nelle prime opere degli anni Sessanta e certo non immemore della lezione di Duchamp, che già mezzo secolo prima aveva consacrato l’autonomia espressiva dell’oggetto — Arman alternerà sempre più un’estetica del meraviglioso industriale; via via con un approccio creativo più costruens che destruens, pur continuando a spezzare gli amati oggetti. «Sono davvero lieto di ospitare a Palazzo Cipolla — ha detto ieri il presidente della Fondazione Terzo Pilastro, Emmanuele Emanuele — questa ampia e articolata retrospettiva di Arman a distanza di ben tre lustri dall’ultima esposizione a lui dedicata nel nostro Paese».
Gli oggetti, le forme quotidiane, i materiali che sono inutili, trascurati, gettati via vengono recuperati dalle mani di questo artista e fatti divenire arte, mettendo davanti ai nostri occhi una materialità nuova, che dialoga incessantemente con il tocco del nostro sguardo quando si poggia .