È stato firmato a Roma, il 6 settembre, al Ministero della Giustizia, il rinnovo del Protocollo-Carta dei diritti dei figli di genitori detenuti, che riconosce la continuità del legame affettivo dei bambini con il genitore in carcere.
La Carta è stata sottoscritta dal Ministro della Giustizia Andrea Orlando, dal Garante Nazionale dell’Infanzia e dell’Adolescenza Filomena Albano e dalla Presidente dell’associazione Bambinisenzasbarre Lia Sacerdote. Ospite di riguardo Viviane Schekter, vice-presidente della rete europea Children of Prisoners Europe, che ha dedicato il suo intervento alla “europizzazione” della Carta italiana, per ora unica in Europa, che i 21 membri della rete stanno promuovendo presso i governi dei rispettivi Paesi.
Il Protocollo infatti è un documento unico in Europa che impegna il sistema penitenziario italiano a confrontarsi con la presenza quotidiana del bambino in carcere, se pure periodica, e con il peso che la detenzione del proprio genitore comporta.I bisogni dei 100 mila bambini che ogni giorno entrano in carcere per incontrare il genitore detenuto diventano diritti
Sono oltre due milioni nei Paesi del Consiglio d’Europa i bambini che entrano in carcere per incontrare la mamma o il papà detenuto. L’incontro avviene in un luogo estraneo e per loro potenzialmente traumatico, sottoposto a regole e tempi che non sono fatti per i bambini.
“La sfida è riuscire a intervenire sulle pratiche di accoglienza e di cura del carcere. La presenza dei bambini in carcere è paradossale quindi radicale nella sua richiesta di normalità e di riconoscimento dei propri bisogni diventati diritti. E questo deve avere una ricaduta positiva per tutti: i bambini stessi ma anche i genitori detenuti, agenti e operatori e, infine, per la collettività” afferma Lia Sacerdote.
Il Protocollo rende i bambini che entrano in carcere visibili, tutelando il loro diritto a mantenere un legame affettivo con il genitore detenuto e cercando di superare le barriere legate al pregiudizio e alla discriminazione all’interno della società. Tra gli aspetti disciplinati dal Protocollo ci sono le visite all’interno degli istituti, la formazione del personale e l’istituzione di un Tavolo permanente che effettuerà un monitoraggio sull’applicazione del Protocollo avvalendosi anche della rete delle ONG sul territorio.
Un lavoro questo fondamentale perché la Carta sia un reale mezzo di trasformazione. Dalla firma nel 2014 il Protocollo è stato uno strumento centrale per intervenire sulle pratiche, ma tanto resta ancora da fare.