di Corrado Castiglione
La convenienza della cortesia. Tre telefonate nel giro di pochi giorni mi persuadono che se da una parte quest’utopia per Napoli è seguita da almeno tre lettori e c’è anche magari chi la vorrebbe vedere giungere presto a conclusione con un dettato di precetti concreti (pretesa un po’ azzardata per un’utopia, non trovate?), dall’altra evidentemente non è ancora chiaro – certo per colpa mia, della sintassi tortuosa e dello scarno lessico che utilizzo – cosa bisogna intendere quando affermo che questa città debba
urgentemente celebrare gli Stati generali della Cortesia. A chiamare per primo è un caro amico, un ex consigliere comunale che ha sempre creduto negli ideali della destra. Padre fascista, la gioventù trascorsa davanti alle icone di Mussolini e Almirante, poi l’attività nell’amministrazione pubblica, le battaglie, gli incoraggiamenti di donna Assunta, il congresso di Fiuggi, la scommessa del partito unico, la parabola di Fini, il ripiego su quell’Angelino, infine la sospensione più totale – come su un’amaca mentre il vento soffia, dice lui ritenendo di essere poetico – con l’abbraccio a quel partito nel quale militano le storie degli avversari di sempre, suoi e di suo padre.
Il caro amico mi tranquillizza. Dice che sul fronte organizzativo può pensare a tutto lui. E snocciola il rosario: la sala dell’assemblea, il servizio bar, l’appalto hostess, l’inevitabile catering, le cene che sarebbero da considerare a parte, a proposito a quante persone penso debbano essere aperti gli Stati Generali della Cortesia? Poi dice che con le televisioni può spendere una buona parola, sia con il servizio pubblico, sia con le reti del Cavaliere. Ancora: mi chiede se ho pensato all’intrattenimento, già perché poi al di là dell’emergenza-cortesia – sì, dice proprio così – bisogna anche provvedere alla pancia e al relax dei
partecipanti. Insiste: quanti sono? Quindi torna a rassicurarmi: non c’è da preoccuparsi, gli sponsor li trova lui…
La seconda conversazione telefonica scorre invece senza strappi, senza euforia, senza entusiasmi. Al cellulare c’è un altro amico caro che conosco dai tempi del pentapartito. Lui è sempre stato al centro. Dc, Ppi, Udeur, Margherita. Poi s’è perduto, ha fatto capolino in Fi ma solo per poco, quindi s’è buttato con Monti, con i Popolari per l’Italia… Ora non so più nemmeno io dove e con chi sta. Comunque mi dice che bisogna stare bene attenti a selezionare i partecipanti. Ritiene che tutti i corpi della pubblica amministrazione, del mondo produttivo, dell’associazionismo, del pianeta cultura: tutti debbano essere rappresentati nell’assemblea con un rigido manuale Cencelli, che misuri forze, diritto di parola e esercizio di voto. Perché si possa dire che l’assemblea sia democratica. Però, e ripete tre volte questa parola, poi – sottolinea – è necessario che il potere decisionale sia accentrato in un gabinetto. Perché bisogna calibrare tutto attentamente, a partire dalla scelta dei relatori. E lascia a intendere che su queste cose Digos e servizi segreti sono già preoccupati. Mentre a quanto pare anche la massoneria teme scossoni allo
status quo. Non sapevo ci fosse la massoneria in città, ne devo prendere nota.
Quindi la terza telefonata. E’ di un ex sindacalista, uno di quegli irriducibili che ad ogni trattativa – locale e nazionale – da quarant’anni dice sempre no. Uno di quelli che le leggi e i diritti li conosce tutti, anche se a ben pensarci non l’ho mai visto lavorare. Uno di quelli che oggi si ritrovano messi a mal partito, semplicemente perché quel partito che aveva in mente lui non c’è più. Ebbene, questo qui mi dà campo libero su tutto. Troppo buono, taglio corto io. E lui va dritto al sodo: bisogna fare in modo – dice – che a questi Stati Generali della Cortesia non prenda parte né chi ha pendenze penali, soprattutto con la pubblica amministrazione, ma anche chi si ritrova senza condanne, senza rinvii a giudizio. Insomma, basta una denuncia a proprio carico e… “kaputt”, conclude plasticamente. A tutti e tre io replico alla stessa maniera. Di fronte ad un diciassettenne ammazzato nell’oscurità della notte, di fronte alla morte definita casuale di un vecchietto che ha avuto il solo torto di voler fare una passeggiata tra le vie dissestate del centro cittadino dove qualcuno avrebbe dovuto riparare la buca prodotta nel manto stradale, non ci sono regole, bilancini, apparati da mettere in campo. Gli Stati generali della Cortesia devono essere un momento di riflessione. Di coscientizzazione. Voglio dire che non avranno luogo da nessuna parte, se non nel cuore di ciascuno che a propria volta abbia a cuore le sorti e la cura dei propri cari. E dunque la comunità, perché cos’altro è una città che non l’insieme di tutti i nostri cari. Tutti sono chiamati a partecipare. Non ci saranno norme di rappresentanza, perché tutti avranno il diritto/dovere di esserci. Nessuna attività dovrà essere sospesa. La pubblica amministrazione sbrigherà la propria opera quotidiana, chi ha la buona sorte di avere un lavoro avrà il suo da fare, i ragazzi andranno a scuola… insomma tutto
dovrà procedere come tutti gli altri giorni. Con una differenza, però. Tutti dovranno porsi il problema: dunque, non solo come evitare che altro sangue scorra inutilmente, ma anche come realizzare un nuovo percorso di Cura della città.
Tutti, ripeto. Anche i pregiudicati? Sì, anche quelli. Perché gli Stati generali della Cortesia avranno questa peculiarità. Per due motivi: uno, come si fa a distinguere il rapinatore seriale dal professionista che altrettanto serialmente incassa parcelle senza emettere fattura? Due, perché – se nessuno fa il “pierino”, indicando all’altro e non a se stesso quello che deve fare – ciascuno potrà capire ben da solo che la cortesia è convenienza. Già, proprio come lo spot di tanti market.
Ciascuno capirà che la Cura è più conveniente della trascuratezza, proprio in termini rigidamente utilitaristici.
I napoletani dovranno un po’ riscoprire le proprie radici. Dovranno tornare all’ identità greca della città. Come diceva Protagora: “L’Uomo è la misura di tutte le cose”. E’ l’apertura ad un relativismo etico per cui non esistono un bene e un comportamento assoluti. Così come non possono esserci negli Stati Generali della Cortesia decisioni da assumere. Può
esserci solo presa di coscienza. E tutti, proprio tutti possono avere accesso a questa opportunità.
Che giovamento avremmo se solo una parte della città, quella ritenuta e che si ritiene perbene, prendesse parte, mentre un’altra, ritenuta e che si ritiene permale, ne resta fuori?
Sì, anche i criminali potrebbero partecipare e capire che per tutti è più conveniente il comportamento cortese e virtuoso. Ricordate Luciano De Crescenzo in Così parlo Bellavista. Il professore parla al camorrista che chiede il pizzo nel negozio della figlia: “Ma tutto sommato, non è che fate una vita ‘e merda? Perché penso io, Gesù, sì, fate pure i miliardi, guadagnate, però vi ammazzate tra di voi, e poi anche quando non vi ammazzate tra di voi ci sono le vendette trasversali, vi ammazzano le
mamme, le sorelle, i figli… Ma vi siete fati bene i conti? Vi conviene?”.