“La comunicazione politica non è solo uno slogan o una formula magica che porterà il candidato alla vittoria. La comunicazione e il marketing politico sono il risultato di organizzazione, conoscenza, competenza, energia e gioco di squadra” (cit.). È così che la giornalista Marina Ripoli, autrice del libro Fundraising e comunicazione per la politica, spiega nel corso dell’opera un passaggio cruciale delle tecniche di raccolta del consenso da parte dei moderni partiti politici.
Nelle pagine del libro presentato a Napoli ieri Marina Ripoli passa in rassegna le attuali tecniche di comunicazione di un progetto politico in Italia alla luce delle recenti innovazioni della tecnologia. Nell’era del web 2.0 e dei social media, l’elettore stesso necessita di più diretti e sofisticati metodi di ricerca del consenso da parte del mondo politico.
I mezzi e le tecniche più al passo con i tempi per la complessa operazione di fundraising politico sono invece al centro dell’indagine compiuta dall’altro autore del saggio, Raffaele Picilli. In quanto esperto fundraiser e tecnico della materia, l’autore si affianca all’analisi compiuta da Marina Ripoli attraverso una dettagliata spiegazione relativa alla gestione del consenso elettorale. Il fundraising viene descritto come “la raccolta fidelizzata di fondi secondo un rapporto di fiducia con il cittadino elettore, centrata su principi di trasparenza” (cit.). Chiarissimi all’interno del libro i riferimenti agli scandali dei tesorieri di partito ed alla poca trasparenza nella gestione di fondi, rimborsi e quant’altro oggetto delle ultime crisi interne alla politica italiana. Un’attività che nasce dal settore del no profit, quella del fundraising. Ma al contempo un’attività che diverrà la regola, a partire dal 2017 con l’abolizione definitiva dei finanziamenti pubblici ai partiti, fondando la raccolta consensi innanzi tutto su donazioni aventi preciso scopo ideologico e aderenti alle linee d’azione di un partito politico. Nel testo sono presenti anche dei riferimenti al modello Stati Uniti, con l’esempio dell’ultima campagna elettorale condotta dal Presidente Barack Obama essenzialmente attraverso i social network e il web. Nel corso dell’ultimo seminario dell’associazione Prospettiva Europea, presso la sede dell’Università Telematica Pegaso di Napoli, è stato inoltre possibile integrare gli argomenti del libro tramite parallelismi con la comunicazione dei leader politici d’Europa. Molti i riferimenti alla Germania, con il metodo Angela Merkel e la sua gestualità – nella relazione di Marina Ripoli – ma anche alla Francia di Hollande, alla Gran Bretagna di Cameron ed alla stessa Unione Europea. Dopo aver affrontato il tema della cultura della comunicazione digitale come nuova leva per sviluppi futuri – con l’apporto della prof.ssa Alessandra Schettino (docente UniPegaso) – si è poi passati alle divisioni del consenso fra euroscettici ed europeisti convinti. Moderatore dell’incontro il presidente di Prospettiva Europea, Roberto Giuliani.
Al termine della conferenza abbiamo intervistato Marina Ripoli, esperta in comunicazione politica, che ha collaborato alla realizzazione del libro Fundraising e comunicazione per la politica (Rubbettino editore).
Dottoressa Ripoli, che legame sussiste oggi tra fundraising per i partiti e comunicazione politica?
«Fundraising significa anche attività di comunicazione e relazione! La comunicazione è fondamentale, non consiste soltanto in una semplice raccolta fondi, come la cultura italiana in questo momento storico la considera. Fundraising è soprattutto raccolta di fiducia e partecipazione. Specialmente in un momento come quello che attualmente attraversiamo, ricollegare i cittadini alla politica è l’obiettivo di fondo della comunicazione politica».
All’interno del libro sono presenti riferimenti anche agli amministratori locali. Nei comuni odierni i problemi della comunicazione politica sono gli stessi di quella fatta a livello nazionale?
«Ci sono delle differenze… ma alla fine ritroviamo gli stessi principi anche in ambito locale. È soprattutto a livello locale che la fiducia degli elettori è stata minata, essendo i recenti scandali avvenuti nei Consigli regionali. In ambito locale è poi più facile verificare ciò che si fa, con l’accountability e l’opera di rendicontazione di quanto si spende, di controllo su quello che si fa e sul come si fa. Il cittadino quando esprime il suo consenso non necessariamente lo dà solo sulla base del profilo vincente del candidato, ma segue un principio di rappresentatività. Si considera la presenza del politico nella vita dei cittadini anche durante l’attuazione del programma, poiché molti politici dimenticano che la comunicazione e il fundraising non si arrestano dopo l’elezione. È dopo quel momento anzi, che si instaura il vero rapporto con l’elettore. Il dialogo politico elettorale avviene secondo un triangolo fra mondo politico, media ed elettori stessi».
Indubbiamente un punto di vista interessante! Secondo lei, l’Italia dovrebbe seguire i modelli provenienti da altri Stati del mondo oppure quello che abbiamo è un modello virtuoso?
«Ritengo i modelli di comunicazione e fundraising degli Usa interessanti da osservare, ma non è possibile replicarli in toto qui da noi. I problemi sono diversi, sicuramente auspico più trasparenza, mi auguro che anche i cittadini aumentino la loro capacità di svolgere il ruolo di cani da guardia dei politici, i quali sbagliano soprattutto se hanno troppa “mano libera”. Abbiamo esperienze positive di siti web e altri mezzi di controllo che verificano dichiarazioni e operato dei politici, ma non è abbastanza. Questo vale sia per la comunicazione politica che per il fundraising. Il cittadino dovrebbe rassegnarsi di meno e chiedere di più!»