Imperversa ormai da anni in Italia la polemica sulle indennità parlamentari ..Tutto cominciò col libro di Riccio e Stella “La casta” . Il movimento 5 stelle ne ha fatto la bandiera chiedendo abolizioni e soppressioni senza spiegare come si fa a garantire una democrazia rappresentativa.
Spero sia fuor di dubbio che la democrazia , in una società complessa e articolata , non può che essere rappresentativa nella gestione quotidiana della realtà . Il che non esclude il ricorso alla democrazia diretta ( referendum) in poche e stabilite occasioni.
La politica moderna è nata con la Rivoluzione francese del 1789 .Nel 1688 ci fu quella inglese che se ha marcato la storia dell’UK , con un pragmatismo che evitò bagni di sangue ebbe il grande merito di affermare il valore del Parlamento contro la Corona , aprendo la via alla democrazia parlamentare Il punto dirimente fu la vittoria della tesi che le chiavi della cassaforte le aveva la Camera e non più il re. Definitiva affermazione del principio sancito nella “Magna Charta” .No taxation without representation- Niente tasse senza rappresentanza . L’aurora della democrazia rappresentativa Quella rivoluzione rimase però un fatto inglese .
Il 1789 invece sconvolse il mondo . Mi piace ricordare che fu col Parlamento francese che nacquero i concetti di sinistra e destra ,perché i rappresentai più radicali di quel movimento rivoluzionario sedevano all’ala sinistra della Camera . Di qui la nascita dell’attuale gergo politico .
Con la Rivoluzione francese nacque la politica moderna che si articola in una democrazia rappresentativa che richiede un “corpus” di soggetti sociali dediti alla politica a tempo pieno ed un sistema di partiti politici che dovrebbero selezionare quel “corpus”. . Lo richiede la complessità della società moderna. Di qui la necessità di garantire ai rappresentanti la possibilità di dedicarsi alla funzione pubblica in maniera totale , rinunciando alle proprie attività professionali private.
La Restaurazione del 1815 cancellò ,per qualche tempo , la democrazia parlamentare . Quando , con i primi moti del 1821 e soprattutto con la svolta radicale del 1848, i sovrani furono costretti a concedere delle Costituzioni in nessuna di esse vi è cenno alle indennità di carica anche perché essendo il voto ,attivo e passivo , di carattere censitario , la rappresentanza era affidata soprattutto ai nobili proprietari terrieri.
In Italia il principio della indennità di carica compare nella Costituzione della Repubblica partenopea del 1799 che all’articolo 4 ,comma 65 afferma: “ I membri del Corpo legislativo ricevono un indennizzamento annuale di ducati mille e cinquecento”
Esso ritorna nella costituzione romana del 1848, considerata il modello delle costituzioni democratiche moderne, che all’articolo 28 solennemente sancisce :” Ciascun rappresentante del popolo riceve un indennizzo cui non può rinunciare”. Di questo articolo il nostro art.69 /cost sembra una parafrasi .Esso dice difatti: I membri del Parlamento ricevono una indennità stabilita per legge .
Lo Statuto albertino , che regolò la vita italiana fino al 1946 , non prevedeva indennità di carica anzi , al contrario, dice esplicitamente che gli incarichi parlamentari son onorifici e che il compenso è “l’onore” di rappresentare il Paese .
La situazione reggeva per il fatto che l’elettorato , attivo e passivo , era molto ristretto . In Piemonte gli elettori erano poche migliaia di persone e selezionate in base al reddito . L’Unità d’Italia non modificò la situazione da questo punto di vista per cui anche i famosi “plebisciti” unitari in effetti coinvolsero una parte infima del popolo italiano. Gli aventi diritto al voto erano più o meno il 2% della popolazione. .Le grandi masse ne restarono fuori , assenti e indifferenti .. Ludovico Bianchini , ex ministro borbonico delle finanze e dell’interno, economista famoso a livello europeo dice nel suo “Nove anni di regno d’Italia -1860-1869” nel primo capitolo :Una minoranza audace ,ardita e fortunata trionfava , non per proprio valore ed arte, ma sì per gli avvenimenti e questa minoranza imponendosi alla maggioranza proclamava il Regno d’Italia. L’Unità comportò tuttavia grandi trasformazioni . La principale fu lo sviluppo , sia pure parziale , dell’industria e delle ferrovie con la nascita di una classe operaia che piano ,piano si organizzò in partiti e sindacati partendo dal mutualismo .Il problema si presentò quando arrivarono in parlamento i primi deputati socialisti :Pietro Chiesa ;Pietro Abbo e Filippo Turati. Il primo era un operaio portuale ed il secondo un contadino .Entrambi pionieri del movimento dei lavoratori .Chiesa era un grande organizzatore , Fondò la cooperativa dei carbonai nel porto di Genova tuttora operante col suo nome . Abbo svolse lo stesso ruolo nel mondo contadino . Tutte le volte che dovevano andare a Roma i compagni di lavoro facevano una colletta . Abbo ,per risparmiare in soldi dell’albergo , usava il permanente ferroviario per passare la notte sul Rom-Firenze andata e ritorno .Turati aveva le stesse difficoltà .La vita parlamentare ai primi del 900 era un po’ turbolenta ( ad essere buoni ) ed il trasformismo ,inteso come pratica che prevedeva il cambio di appartenenza e di rappresentanza secondo il variare degli interessi personali del deputato ,rendeva instabile qualsiasi maggioranza . Giolitti capì che bisognava aprire ai nuovi soggetti politici e così si impegnò ad allargare il suffragio ,aiutato ,oggettivamente , dall’azione politica dei socialisti e dei sindacati per i quali il suffragio universale era una rivendicazione costante . Il suffragio universale ( maschile) fu varato nel 1912. Gli elettori passarono da 2 milioni a 10 milioni . Significativamente la legge che lo istituiva conteneva anche una norma che ,per superare il disposto dell’art.50 dello Statuto (all’italiana) istituiva per i deputati un rimborso spese per “ spese di corrispondenza “: Si andò avanti con questo escamotage anche quando la Camera dei deputati fu soppressa e sostituita dalla Camera dei Fasci e delle Corporazioni . La situazione divenne chiara con l’art.69/cost , già richiamato .
La campagna di denigrazione della rappresentanza parlamentare si vede già dal linguaggio usato . Definire “privilegio” una misura prevista dalla Costituzione che rende possibile l’esercizio dell’elettorato passivo a tutti significa dare a questa misura di sostegno alla rappresentatività una connotazione negativa .Un privilegio “ infatti è un beneficio riservato a pochi in oltraggio ai diritti di tutti. L’ipocrisia sta nel fatto che gli accusatori dei “privilegi “ sono i primi a profittarne. Lo stesso Renzi , con una sguaiata caduta di tono , ha detto che i deputati non vogliono le elezioni anticipate per maturare il diritto alla pensione . Qualunquismo puro che mentre sollecita istinti primordiali si ritorcerà contro chi l’ha sostenuta per giustificare il suo astio contro chi si oppone ai suoi piani ,Questa polemica è il banco di nebbia dietro cui nascondere l’intenzione di trasformare radicalmente la struttura democratica facendo della Camere il notaio del presidente del consiglio. Inseguendo quel semi-presidenzialismo di cui i francesi vorrebbero liberarsi.
Altro è il problema che sostiene la campagna contro i “privilegi” e che riguarda la qualità della rappresentanza .Esso però dipende dalla decadenza della democrazia interna dei partiti . Quella campagna è un falso scopo il i vero obiettivo è quello di minare il concetto stesso di democrazia rappresentativa inseguendo l’illusione dell’uomo forte che percorre la nostra vita politica . Solo la memoria politica corta degli italiani può dimenticare gli esiti catastrofici che ha avuto per il paese l’esperienza dell’uomo forte al comando e che avrebbe dovuto vaccinarci al riguardo.