27 gennaio, giornata della memoria o, meglio, giornata della cattiva coscienza del mondo occidentale. Sì, perché l’antisemitismo è tutto nostro. Partorito dai nostri incubi e dai nostri pregiudizi, dalle nostre ossessioni. Nel mondo musulmano non ci furono mai i “progroms” che periodicamente la chiesa ortodossa organizzava ed in cui le piccole pacifiche comunità ebraiche venivano massacrate. Mai il mondo musulmano ha chiamato gli ebrei “perfidi deicidi” e li ha additati al disprezzo dell’umanità. Ancora ai bordi del quartiere ebraico di Roma, presso la grande Sinagoga, c’è una piccola chiesa “ Contra perfidos judeos” come dice la scritta sul frontone .
La stessa nozione di razza e le sue aberrazioni sono frutto delle distorte concezioni dell’eugenetica USA dei primi del ‘900 quando pseudo scienziati volevano dimostrare scientificamente la superiorità intellettuale dei WASP people (White Anglo Saxon Protestant) non solo sui “coloured”, quasi proto scimmie, ma anche su quei piccoli, sporchi, scuri “papisti” che venivano dal Mediterraneo, italiani in primis. Gli infidi “DAGOS”.
È da quegli studi che nasce la perversione della divisione dell’unità in razza superiore e “ubermensch”, tra gli splendidi “ariani” alti biondi e con gli occhi celesti e l’abbrutita specie dei bassi scuri e col naso a becco, ebrei, o degli slavi che già nel loro nome dichiaravano la loro natura, il loro ruolo di schiavi dell’uomo superiore. La donna ariana che si congiungeva con un ebreo era contaminata per sempre. Come bisognava allevare la razza superiore facendo accoppiare fra loro giovani stalloni e giovani giumente ariane, rigorosamente selezionate, così bisognava pulire il mondo dalla “immondizia” ebraica indegna perfino di essere schiava degli uomini veri.
La storia dell’uomo è piena di massacri ma mai la distruzione di un popolo fu programmata con tanta perfetta, pedante tecnologia. Si facevano ricerche sui mezzi più efficienti per ammazzare in fretta quante più persone possibile. Si organizzavano scuole di formazione per specialisti nella eliminazione di “ubermensch”. Si organizzava perfino la logistica del massacro con un sistema ferroviario dedicato e il riciclo dei sottoprodotti del processo: capelli, dentiere, scarpe, vestiti. Spremendo le energie di quegli sventurati fino all’ultima goccia in fabbriche e miniere. Così, gli ebrei, fra il sequestro dei loro beni e l’uso come forza lavoro gratuita, concorrevano alla prosperità del Terzo Reich. Mai il mondo aveva visto tale orribile, tecnicamente perfetta perversione. Tuttavia con quell’atto la Germania si suicidò, scomparve come comunità che aveva dato grandi contributi alla cultura europea in tutti i suoi aspetti: poesia, musica, filosofia, letteratura. Di quella cultura l’intellettualità ebraica costituiva la parte migliore. La sua distruzione uccise l’anima tedesca. Il paese che con la riforma protestante aveva affermato la centralità dell’individuo nella vita sociale si trasformò in quello delle masse anonime, senza spirito critico, asserviti alla lucida pazzia di Hitler. Solo la consapevolezza del male compiuto ha consentito la rinascita. Il duro spietato lavoro della Germania merita il massimo rispetto.
L’occidente ha molto da farsi perdonare anche in questo. Il mondo occidentale voltò il viso dall’altra parte mentre il delitto si veniva compiendo. Non solo Pio XII tacque, ma anche americani e inglesi nonostante fossero stati informati dalla loro aviazione, tacquero.
Quando con l’avanzare delle truppe alleate in territorio tedesco ci si scontrò con la orrida realtà, solo allora, un barlume di coscienza si accese. Norimberga fu la manifestazione di questa consapevolezza e perciò non fu, come i moderni fascisti affermano, il processo dei vincitori ai vinti ma il giusto risarcimento alla coscienza dell’umanità. Bisognava ora risolvere il problema: assicurare l’esistenza ai sopravvissuti. Qui scattò il riflesso condizionato anti ebraico: USA e Inghilterra rifiutarono l’asilo alle vittime e li respinsero alla frontiera. Gli ebrei furono spinti verso la Palestina creando così le premesse dei drammi attuali.
Un grand’uomo politico israeliano, Avraham Burg, più volte ministro e per otto anni presidente della “Knesset” (parlamento), ha detto in un suo sofferto saggio dal titolo “Sconfiggere Hitler”:
“Trattare l’odio alla radice non bastava, bisognava cavare il dente infetto dalla sua sede e impiantarlo altrove, in Medio Oriente. Così si sperava di risolvere il problema tanto del dente quanto della bocca.Tanto per noi quanto per l’Europa”.
Invece così abbiamo spostato il dente e l’infezione su popoli innocenti. Turbando equilibri millenari.
Oramai Israele è una realtà. Un pezzo d’Europa piantato lì, tra il Neghev e il mar Rosso. Ma non ha sconfitto Hitler perché la centralità della Shoah nella coscienza del Paese, nella formazione dei giovani, fa sì, come testimonia Burg, che anche i liceali si sentano “sopravvissuti” di Auschwitz. Questo sentire acuisce il senso di isolamento di Israele, dà fiato alle destre oltranziste e toglie agibilità politica alle forze che militano per la pace e la convivenza fra Palestina e Israele. L’autosuggestione isolazionista non Hitler per sempre. Una parte della coscienza israeliana è consapevole che un popolo che ha una storia drammatica alle spalle, vittima di violenze secolari, non può bombardare innocenti e costringere alla fame con l’embargo il popolo di Gaza. Noi dobbiamo aiutare queste voci proprio perché siamo amici di Israele, che è, nonostante tutto, ancora un paese in cui le posizioni per il dialogo e contrarie ai governi di destra possono liberamente esprimersi per aiutare Israele a “sconfiggere” per sempre Hitler. Ma in ciò anche i palestinesi debbono fare la loro parte. Sono profondamente partecipe delle sofferenze di Gaza ma Hamas deve rivedere le sue posizioni e soprattutto ripristinare nei suoi territori il gioco democratico. Ogni voce critica viene soppressa. Così gli estremismi israeliani e palestinese si sostengono a vicenda. Anche Hamas deve ancora sconfiggere Hitler. L’Europa non può continuare nel suo disimpegno dopo aver tollerato il male. Non può continuare a lasciare soli gli USA a confrontarsi col problema. Siamo la terra della civiltà occidentale dalla cui corruzione, come un cancro, nacque il nazismo. Dobbiamo anche noi espiare aiutando quei popoli a ritrovare la pace. Il primo passo non può che essere il riconoscimento della Palestina come Stato. Qualche paese europeo già l’ha fatto. L’Italia e la Comunità Europea no. Lo facciano impegnandosi a sostenere le legittime aspirazioni delle due parti ad una vita e ad una convivenza sicure.