Una signora alla fine della celebrazione di una Messa feriale in cui avevo sottolineato l’indifferenza diffusa, mi sussura <<Sì, Padre, ci vuole amore!>>. Papa Francesco, da parte sua, ha indetto uno giubileo straordinario che avrà <<al suo centro la misericordia di Dio>>, che ha suscitato grande risonanza mediatica se non rumore. Senza scadere in considerazioni enfatiche o celebrative che non aiutano a cogliere non tanto il significato della celebrazione della divina misericordia quanto un’esperienza religiosa profonda vissuta nella fede, è opportuna qualche riflessione di contesto o di presupposti.
È noto che il richiamo frequente di Francesco ad atteggiamenti e comportamenti di misericordia è motivato dalla sua percezione – sulla base dell’esperienza – di mancanza di misericordia da parte di rappresentanti della chiesa istituzionale, per rigore e rigidità pastorali e morali che feriscono e allontanano fedeli che si vedono condannati ed esclusi dall’accesso ai sacramenti e dalla vita della chiesa. Capita di ascoltare non solo nel nostro paese le condanne ricevute da fedeli che si accostano al sacramento della riconciliazione, proprio in luoghi come santuari che dovrebbero essere luogo ed occasione di riconciliazione ed amministrazione della divina misericordia. Inoltre, il sinodo convocato dallo stesso papa Francesco sull’evangelizzazione della famiglia nella società contemporanea, e in particolare sull’ammissione o meno all’eucarestia e ai sacramenti di divorziati e risposati, ha messo in evidenza rigidità dottrinali da parte di settori di vescovi e teologi che perseverano in affermazioni e pratiche escludenti, mentre da decenni una illuminata valutazione delle situazioni familiari individuali, in presenza di certi criteri, senza rumore ha aiutato coppie risposate a partecipare pienamente alla celebrazione dell’eucarestia e alla vita della comunità cristiana di appartenenza.
La motivazione di questo giubileo straordinario ha una prioritaria valenza ecclesiale o ecclesiastica per accogliere in un cammino comune di riconciliazione anche quelli che si sentono ai margini della Chiesa, per esclusioni in ragione di orientamenti sessuali o situazioni familiari, ma non solo. Non è bastata la festa della divina misericordia istituita da Giovanni Paolo II° per la seconda domenica di Pasqua, perchè è rimasta puramente liturgica o rituale, senza implicazioni nella vita della chiesa e nella condotta di fedeli. La celebrazione di questo giubileo straordinario inoltre ha inizio l’8 dicembre 2015 nel cinquantesimo anniversario della chiusura del Concilio Vaticano II°, e non quarda solo avanti al futuro per inverare lo spirito del Concilio, ma anche indietro per interrogarsi senza veli sugli ultimi trent’anni che sembramo talora segnati da un comodo ritorno a vecchie fonti ed acque non senza responsabilità di governo e gestione ecclesiastica e anche da parte di settori di fedeli, con qualche abbellimento o estetismo di facciata.
Riguardo al contesto più generale culturale e religioso del nostro paese ed europeo, non si può ignorare – senza la troppo invocata secolarizzazione o meglio desacralizzazione – il cerchio della diffusa indifferenza religiosa sullo sfondo di un immaginario religioso tradizionale, e soprattutto il fenomeno della individualizzazione tematizzato dai sociologi nelle dinamiche del mutamento sociale dell’ultimo cinquantennio, che riguarda anche la sfera religiosa con una spiccata soggettività e/o soggettivismo religioso. Ed il primato, nel bene e nel male, della coscienza individuale, non serva degli idoli e dei miti del tempo nella ricerca della felicità nell’incontro con l’Altro e gli Altri.
Infine, per non essere ingenui, l’indizione di questo giubileo straordinario focalizzato sulla misericordia del Padre accolta nella fede, oltre le ragioni pastorali richiamate da papa Francesco, è anche una straordinaria occasione di mobilitazione dei cristiani tutti e di presentazione o restaurazione del volto di una chiesa in capite ed in membris accogliente e misericordiosa. Aiutata specialmente nel nostro paese da un battage mediatico, che non è riservato alle altre confessioni religiose.
Misericordia di Dio o della chiesa, riconciliata con il Padre e i figli della misericordia. A., un onesto lavoratore e serio cristiano che abita nel mio condominio con moglie e due figli, ad una mia provocazione risponde: <<Se Dio è Padre di misericordia, anch’io figlio devo essere padre di misericordia>>.