Si chiama “I magnifici sette”, ed è un partito regionale della Slovacchia che, a quanto pare, ha ideato una trovata che sembra fatta apposta per guadagnarsi nuovi voti in vista delle prossime elezioni. Cavalcando il malcontento e la xenofobia della popolazione locale. Stiamo parlando di una proposta che è venuta in questi giorni dal leader del partito stesso, Vladimir Guertler, in corsa nel distretto elettorale di Košice. Ebbene, tale Guertler, avvocato, dopo ripetute visite al sobborgo di Lunik IX, e dopo averne discusso con i residenti, si è fatto venire in mente che il problema delle tensioni etniche nella suddetta zona possa essere risolto semplicemente facendo andare via i rom che vi abitano. È comparso in TV con degli spot in cui “offriva” loro la possibilità di andarsene in altri Paesi, per esempio a Bruxelles, pagandogli il biglietto aereo, oppure lo si è visto nei manifesti elettorali coi quali prometteva la sterilizzazione per le donne che sarebbero rimaste. In cambio, un compenso di 10.000 euro.
Si potrà pure gridare all’intolleranza e alla discriminazione, si potrà esserne sconvolti e irritati, ma forse non stupiti. Riflettendoci, e tornando qualche anno indietro, si può capirne il perché. Quando la Slovacchia e la Repubblica Ceca erano ancora una sola cosa, già molte donne di etnia rom subirono operazioni volte alla sterilizzazione dietro imposizione, talvolta inconsapevolmente. C’è chi parla di centinaia, e chi anche di migliaia di casi di sterilizzazione forzata dal 1973 fino ad anni più recenti. Le condanne di Amnesty International, di Charta 77 e delle Nazioni Unite sono servite a ridurre il fenomeno, ma non ad estirparlo del tutto dal territorio ceco e slovacco. Per quanto sia triste a dirsi, non si tratta neanche di una novità assoluta nel panorama politico del Paese. Il Partito Nazionale Slovacco è conosciuto per la sua propaganda accesissima contro gli zingari e gli ungheresi e per le dichiarazioni dalla dubbia moralità dei suoi esponenti, ed anche il Partito del Popolo non è da meno. C’è tutta una frangia di estrema destra, nell’Est del nostro continente, che combatte una guerra silenziosa contro le minoranze etniche e contro i rom, in Ungheria, in Bulgaria, in Repubblica Ceca, in Polonia, dove vengono uccisi, costretti a lasciare le loro case, dove si organizzano marce contro di loro. I governi locali smentiscono o minimizzano, e al di fuori di quei confini non se ne parla affatto. L’odio per i diversi e gli stranieri scorre copioso, più di quanto se ne parli, nelle vene di individui che non hanno neanche timore a richiamarsi apertamente al fascismo.
Quel che sorprende, è che non stiamo parlando di quattro persone sparse nel territorio della nazione: nella Repubblica Slovacca, i rom, che vi risiedono ormai stabilmente da decenni, compongono il 2 o il 3% della popolazione locale, si sono organizzati in partiti politici propri; insomma, sarebbe ora che gli slovacchi imparassero a farci i conti.
Ma stupisce pure che persone come Vladimir Guertler siano così risolute nelle loro posizioni e poi abbiano difficoltà a dire le cose come stanno e a riconoscersi per quello che sono. Guertler non vuole assolutamente che la sua campagna venga bollata come razzista e immorale. Dice che le donne rom che vivono in condizioni di povertà non hanno la possibilità di tenere sotto controllo il numero delle nascite, e che la sterilizzazione è un’opportunità per offrire una vita migliore non solo a loro, ma anche agli slovacchi. E cosa c’entra l’emigrazione? Perché non basta sterilizzarle, ma dovrebbero anche andar via? E, soprattutto, con quelli che restano, cosa si fa? Guertler afferma che ogni cittadino dell’Unione Europea ha il diritto di muoversi e di spostarsi, il diritto allo studio, al lavoro e a una vita dignitosa. Dunque anche in Slovacchia. Dove la politica deve imparare a risolvere i problemi, piuttosto che spedirli altrove.