Un antico proverbio recita: “Quando torni a casa, picchia la moglie. Anche se tu non sai perché gliele dai, lei sa perché le prende”. In Russia il proverbio è diventato norma. La Duma ha approvato un disegno di legge – già bollato come “Legge sugli schiaffi” – che rimuove dal Codice penale il reato di “percosse in famiglia” declassandolo a un illecito amministrativo punibile con un’ammenda tra i 5mila e i 30mila rubli (80-470 euro).
E’ la stura ad ogni forma di violenza su moglie e figli, a malapena coperta con la foglia di fico dell’opportunità di qualche sculacciata idonea a far capire chi comanda in casa. L’abominevole iniziativa chiarisce una volta per tutte il tratto marcatamente maschilista della società russa, nonché il ricorso alla forza come imprescindibile elemento di riordino dei rapporti interpersonali.
Se anche un monarca come Putin – spregiudicato quanto si vuole, ma sempre attento a non guastare la propria immagine – cede ad una visione così arcaica dei rapporti familiari, siamo messi male. E il peggio è che nonostante 40 donne al giorno e 14mila all’anno vengano uccise in Russia da mariti o compagni (Rapporto ONU 2010) il 19 per cento dei russi pensa apertamente che picchiare moglie e figli sia “accettabile”. Un cono d’ombra inquietante sul futuro modello sociale che va edificandosi in molte aree del Pianeta.