di Carlo Fedele
Si chiama Xylella Fastidiosa il batterio killer che sembra mettere a rischio uno dei simboli della Puglia, l’ulivo.
Gli ulivi sono i veri padroni di questa regione, autentici monumenti naturali che abbelliscono il paesaggio con ben 60 milioni di piante di cui 4-5 milioni hanno vari secoli di vita.
Innanzi tutto, cos’è la Xylella Fastidiosa? É un batterio Gram negativo della classe Gammaproteobatterica che genera nelle coltivazioni agricole una serie di gravi patologie come la “Malattia di Pierce” nella vite, la clorosi variegata negli agrumi e il disseccamento degli ulivi, ma alla Xylella non sono immuni il pesco, il mandorlo, il prugno ed il ciliegio. In sostanza il batterio agisce sulla pianta producendo un gel che ne ostruisce i vasi linfatici impedendo così l’afflusso dei nutrienti con il conseguente disseccamento della stessa.
La Xylella fastidiosa colpisce non solo gli ulivi ma 150 specie diverse di alberi e la Puglia è un produttore strategico non solo di olio, ma anche di uva, agrumi, prodotti agroalimentari di diversa natura, frutta (mandorle, pesche, albicocche, gelsi, etc.), pomodori, piante aromatiche, cereali, piante ornamentali. Un fatturato annuo di circa 1.3 miliardi di euro.
S’ipotizza che il batterio killer sia stato introdotto con le piante ornamentali importate dall’Olanda e provenienti dal Costa Rica.
E’, però, di questi giorni la lettura diversa dei problemi degli ulivi pugliesi fornita del Dipartimento di Agronomia dell’Università di Foggia e dell’esperienza acquisita sul campo da circa 200 olivicoltori su 500 ulivi. Secondo questi studi, è improbabile che il disseccamento rapido sia provocato dal solo batterio della Xylella ma dalla concomitante aggressione di alcune specie di funghi, insieme ai danni provocati dalle larve di una falena (il Rodilegno giallo), che debilitano le piante e ne indeboliscono le difese, spianando così la strada, eventualmente (ma non sempre) anche alla Xylella.
La terapia dovrebbe quindi consistere in un trattamento che elimini innanzi tutto i funghi e che rafforzi la salute delle piante e le loro difese.
Un aiuto a comprendere (o a non comprendere per niente…) viene dall’Autorità Europea di Sicurezza alimentare (EFSA), la quale afferma che “non c’è dimostrazione scientifica che i funghi tracheomicotici sono l’agente primario del rapido declino degli ulivi osservato in Puglia” raccomandando ulteriori ricerche scientifiche sulla biologia degli agenti infestanti, al fine di ottenere una più ampia conoscenza di questo complesso problema.
E inoltre… “Questo non significa che sia stato dimostrato che l’agente primario è la Xylella e non i funghi stessi, ma solo che a tutt’oggi le evidenze scientifiche non sono sufficienti a stabilire con certezza il ruolo relativo svolto da queste due concause (a cui va aggiunta anche la falena Zeuzera Pyrina) del disseccamento degli ulivi”.
Insomma, un quadro altamente contraddittorio a proposito delle certezze della UE secondo la quale l’unico sistema è “abbattere” invitando ad essere realisti, come si è stati con le palme colpite dal punteruolo rosso. In altre parole: per evitare il contagio delle piante malate, meglio segare i rami, bruciare le foglie e sradicare le radici degli ulivi aggrediti, che lasciare campo libero alla Xylella.
Adesso ci si domanda se questo drastico provvedimento sia davvero ineluttabile, se non ci sia un’altra strada da percorrere, proprio adesso, tra le altre cose, che è in corso una battaglia per proclamare gli ulivi pugliesi patrimonio dell’Unesco.
Per combattere l’epidemia provocata negli ulivi secolari dall’epidemia del batterio xylella fastidiosa – dicono da Bruxelles – è auspicato un abbattimento volto a creare un cordone sanitario di 50 kmq, in modo da arginare la propagazione della malattia al resto delle coltivazioni. Addirittura, Brigitte Mauch-Mani, fitopatologa dell’Università svizzera di Neuchâtel ha dichiarato nel corso di una conferenza stampa che sradicare senza discriminazione gli alberi malati e quelli sani in simili proporzioni non è un buon metodo. Il batterio veicolato dagli insetti si trasferirà su altri vegetali. “Bisognerà dunque distruggere tutto in questa regione”, rileva la specialista, attirandosi addosso critiche e timori.
Per i pugliesi, con l’abbattimento di ettari di alberi si corre il rischio che si possa poi devastare un territorio, pronto così per essere cementificato; far girare sempre nelle solite tasche i milioni di euro stanziati per l’operazione dall’Europa e dall’Italia; e magari importare nuovi e costosi ulivi forniti da chissà quale multinazionale (il timore della Monsanto è sempre presente tra gli ecologisti).
C’è chi afferma, con certezza matematica, che basterebbe curare i funghi tracheomicotici, probabili responsabili della Xylella, per risolvere il problema senza bisogno di estirpare gli alberi malati. E’ stata scelta invece la via più drastica e dolorosa, dicono.
Il commissario nominato dal ministro delle Politiche Agricole afferma intanto che lui rispetterà gli ordini ricevuti, per cui le eradicazioni, ferme a qualche decina di fusti finora, riprenderanno al più presto e che molto presto partiranno le sanzioni per i proprietari e i conduttori inadempienti rispetto all’esecuzione delle buone pratiche, considerate la prima azione di prevenzione della diffusione del batterio. “Buone pratiche” che tra l’altro consistono anche nel bombardamento chimico a tappeto del territorio, con due trattamenti obbligatori con insetticidi molto potenti, in tutte le aree verdi della provincia, dagli oliveti ai giardini… un’intera provincia cosparsa di insetticidi!
Quali conseguenze avranno, sulla salute collettiva, l’onnipresenza ambientale di questi veleni? E la salute di coloro che effettueranno materialmente i trattamenti? In ogni caso la guerra chimica indiscriminata ucciderà tutti gli insetti, e non solo quelli che rappresentano il bersaglio dell’operazione. Valutando il bombardamento chimico voluto dalla Regione Puglia, l’Efsa (l’autorità europea per la sicurezza alimentare) ha scritto che lo sterminio a tappeto degli insetti può avere impatti su tutte le catene alimentari e può avere impatti indiretti a vari livelli, ad esempio sull’impollinazione.
Lo sradicamento massiccio degli uliveti e il riversamento di tonnellate di pesticidi possono provocare un disastro!
Sono prese decisioni così radicali sulla base di poco più di nulla, decisioni le cui conseguenze potrebbero essere devastanti su diversi piani e per centinaia di anni. Un ecosistema finirebbe, un’intera Regione sarebbe sfigurata e trasformata in una landa industriale competitiva e senza identità, è quanto affermano gli ecologisti forse non a torto…
I metodi che i contadini usano “da sempre” per combattere le malattie delle piante, degli ulivi in particolare, consistono in misure sicuramente non invasive, che rispettano gli equilibri naturali e che si possono riassumere in un Manuale neanche troppo lungo e complesso: 1) rendersi conto costantemente dello stato di salute delle piante; 2) tagliare i rami secchi; 3) fare potature leggere senza mutilare la chioma e nella stagione adatta (primavera); 4) disinfettare le ferite con calce e rame; 5) tagliare i polloni che crescono alla base del tronco, che sono rami sterili che tolgono il nutrimento all’albero; 6) togliere i succhioni, germogli sterili che hanno origine da gemme rimaste dormienti per un tempo indefinito, che crescono sul tronco e sui rami; 7) non usare il diserbante; 8) tagliare l’erba e trinciarla; 9) fare arature leggere per non rompere le radici superficiali; 10) disinfettare con rame, calce, ferro e zolfo.
E se si cominciasse proprio da questo decalogo? Bisogna ricordare quello che dicevano gli antichi contadini pugliesi: «L’ulivo ha bisogno di cinque cose: il largo, la pietra, il letame, l’accetta e il sole».