Cominciamo con i quindici svarioni grammaticali più comuni sui social network, tratti dal libro La strage dei congiuntivi, di Massimo Roscia.
Gli errori grammaticali
- stò
- sò
- po’
- qua
- qual è
La classifica degli orrori
- se io sarei
- ke ai fatto?
- buon hanno
- purtroppo
- proprio
La classifica dei “malori”
- piuttosto che (usato nel senso di oppure)
- assolutamente si, assolutamente no
- un attimino
- per quanto…
- e quant’altro
E’ in atto una metamorfosi tecnologica della nostra ortografia. Basti pensare a quello che è successo del “punto”, che, soprattutto se dialoghiamo sul web, è diventato superfluo non perché il suo uso è sintomo di perentorietà e di rifiuto del dialogo, come pretende qualche utente del nuovo linguaggio del web, ma almeno per due motivi pratici: 1) non avendo limiti di spazio si può indicare l’interruzione andando a capo quando si vuole; 2) non avere un punto alle spalle rende più facile rinunciare alle maiuscole, che, in una pagina dattiloscritta costano più fatica perché richiedono due tasti.
Può darsi allora che assisteremo alla scomparsa del punto, così come abbiamo assistito, nel giro di un paio di generazioni, alla scomparsa del punto e virgola. E la colpa non è certo della “scrittura giornalistica”, ma del fatto che, se scrivi a macchina e vuoi mettere un punto e virgola, devi schiacciare due tasti, quello della maiuscola e quello del punto e virgola messo sopra la virgola. E se non nei testi a stampa, in quelli più colloquiali sul web tendono a scomparire, oltre ai punti, le maiuscole e i segni che interrompono il flusso del discorso…
E’ in atto un cambiamento che influenza la scrittura in generale? Non la pensa così il poeta Nanni Balestrini che scrive: “Il fenomeno è legato allo specifico mezzo di comunicazione e ha poco a che fare con la lingua vera e propria. Da quello che vedo io, Internet riunisce gruppetti, cerchie di persone, comunità. Ma, nel suo spezzettamento, è molto difficile che una novità linguistica attecchisca in un intero Paese. Come invece è successo per la televisione durante il boom economico, che ha cambiato e uniformato enormemente la lingua italiana. Il cambiamento non passa per Twitter e le chat”.
Ma sta di fatto che a prevalere, nel dibattito politico, nei social, nell’intrattenimento, talvolta perfino nella scuola è il paradigma del rispecchiamento: “parlo come te”, “dunque ti piaccio”. E’ questo il ricalco espressivo che domina ormai il mondo della comunicazione, gratificando il narcisismo di chi ama riflettersi piuttosto che riflettere. Il risultato è un circolo vizioso che nel migliore dei casi congela l’esistente, nel peggiore innesca una corsa al ribasso.
Io, io, io e…io
Ma avremmo potuto intitolare questo paragrafo anche L’egosistema o La cultura dell’autoreferenzialità o Narciso allo specchio. Per dire che vogliamo stare al centro dell’interesse, farci ascoltare e vedere, pubblicando centinaia di foto in cui ci siamo noi, per farci ammirare, magari invidiare, farci dire che bello!, indurre ad un mi piace o commenta. Ed il nostro diario, ciò che della nostra vita pubblichiamo, è vero o i profili dei social media sono troppo artefatti, troppo perfetti, forse poco più di una idealizzazione? Le foto non sono più belle della realtà, i messaggi più spiritosi di quanto noi siamo, le feste non sembrano più divertenti, i viaggi troppo esotici, gli animali domestici più adorabili, i cibi troppo appetitosi? La nostra vita documentata non appare troppo spesso lontana dalla realtà?