È una data storica quella del 19 giugno 2024, perché per molti segna la spaccatura definitiva tra nord e sud. Il disegno di legge sull’autonomia differenziata, presentato dal ministro per gli Affari regionali Roberto Calderoli, esponente della Lega, è stato approvato con 172 sì a fronte dei 99 no e 1 astenuto.
Con la seguente, ogni regione a statuto ordinario, può chiedere allo Stato autonomia legislativa su 23 materie di competenza. Viene specificato nel testo che le richieste di autonomia devono partire su iniziativa delle regioni una volta “sentiti gli enti locali”. Tra le materie interessate abbiamo la Tutela della salute, i Trasporti, l’Energia e l’Istruzione. Altre 14 materie invece sono definite dai Lep (livelli essenziali di prestazione), ovvero dei criteri che determinano il livello di servizio minimo che deve essere garantito in modo uniforme sull’intero territorio nazionale. Lep che nei dieci anni trascorsi dalla riforma costituzionale non sono stati ancora definiti.
I Lep sono centrali e devono essere definiti entro 24 mesi dal governo, dopodiché lo Stato e le Regioni avranno 5 mesi di tempo per stipulare un accordo che potrà durare fino a 10 anni. Inoltre, è stata inserita la clausola di salvaguardia per l’esercizio del potere sostitutivo del governo. “L’esecutivo dunque può sostituirsi agli organi delle regioni, delle città metropolitane, delle province e dei comuni quando si riscontri che gli enti interessati si dimostrino inadempienti, rispetto a trattati internazionali, normativa comunitaria oppure vi sia pericolo grave per la sicurezza pubblica e occorra tutelare l’unita’ giuridica o quella economica. In particolare si cita la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni sui diritti civili e sociali.”
Il problema del ddl però, è che le regioni potranno stabilire un’intesa anche senza il decreto del presidente del Consiglio, che tecnicamente dovrebbe stabilire l’entità dei Lep, distribuendo così i finanziamenti in base a un altro criterio, vale a dire la spesa storica della regione. In questo modo, le regioni del nord potranno assicurarsi finanziamenti molto più importanti, dato dal fatto che hanno più risorse e una spesa storica più alta, storia contraria invece per il sud. Questo non fa altro che andare a spaccare ancora di più il tessuto sociale del nostro paese, squilibrando maggiormente i divari tra le regioni settentrionali e quelle meridionali. Non a caso il ddl è stato definito come “la secessione dei ricchi” e in molti hanno protestato a riguardo, incluso la segretaria del PD Elly Schlein, che in merito ha suggerito a Fratelli d’Italia di cambiare il nome in “Brandelli d’Italia, visto che la state spaccando”.