di Massimo Lo Cicero
Il 2014 è stato un anno double face: sembrava che nel primo semestre si dovesse avviare la ripresa dell’economia globale, dopo la spinta iniziale degli USA e del Regno Unito. Ma con la primavera si apre un crescendo di diagnosi che mettono in discussione l’ottimismo iniziale. Ad aprile il Fondo Monetario indicava con questo titolo le aspettative sulla crescita: “La ripresa si rafforza ma resta irregolare”: un avviso al quale non è stato dato l’interesse che avrebbe dovuto ricevere. Sempre il Fondo ritorna sul tema a luglio dichiarando che siamo in presenza, alla scala dell’economia globale, di una situazione che presenta una crescente frammentazione del tasso di crescita, ad una scala “regionale”: che, in questo caso, significa ad una scala nella quale ogni area continentale presenta velocità diverse. Sappiamo dalla geografia che l’Europa è una penisola dell’Asia. Nella prima settimana di agosto arriva un terzo avviso dalla BCE, Draghi riconosce che le informazioni dei dati disponibili a luglio “rimane coerente con la nostra aspettativa di una continua ripresa moderata e disomogenea dell’economia nell’area dell’euro”. Si spera sulle esportazioni, da parte degli europei, perché il resto del mondo presenta un ritmo di crescita superiore a quello europeo.
Un problema, tuttavia, esiste ed è la circostanza che “anche se i mercati del lavoro hanno mostrato ulteriori segnali di miglioramento, la disoccupazione rimane elevata nella zona euro e, nel complesso, la capacità inutilizzata continua ad essere consistente”. Conclude Mario Draghi, che a settembre avvia l’espansione della politica monetaria con misure non convenzionali ed in ottobre, a Napoli, conferma che “la piena e coerente applicazione dell’attuale quadro di sorveglianza macroeconomica e dei conti pubblici dell’area dell’euro è indispensabile per ridurre gli elevati rapporti debito/PIL, aumentare la crescita potenziale e rafforzare la capacità di tenuta dell’area agli shock” ed indica ai giovani che contestavano la banca centrale e le banche, che il bersaglio contro cui rivolgersi sono i Governi Europei, inadeguati al tempo in cui viviamo. Dal 2012 ad oggi, cosa hanno fatto, se non agitare lo spettro inutile dell’austerità o perdere tempo. Se i Governi avessero agito sul mercato del lavoro, sulle infrastrutture e sulla efficienza, e la trasparenza, delle proprie, burocrazie (le riforme!), sarebbe assai più facile oggi in Europa il matrimonio tra politica fiscale e politica monetaria per supportar la crescita economica.
Le borse europee hanno quotato al ribasso il due ottobre, e Mario Draghi ha pronunciato il suo discorso dopo le 14 e 30. Ne segue che la causa della caduta dei corsi di Borsa sia l’ennesimo effetto delle scaramucce tra i governi europei ed il governo tedesco e non del discorso di Draghi. Ma ecco l’ultimo avviso, il più preciso e pericoloso: perché siamo ormai nel quarto trimestre del 2014 ed i giochi sulla crescita potenziale, anche del 2015, sono ormai fatti.
Questo ultimo avviso viene da Christine Lagarde, Managing Director del Fondo Monetario Internazionale, ed è contenuto in un discorso che ha tenuto il 2 ottobre alla Georgetown University, School of Foreign Service. La Lagarde si è concentrata su due punti: le condizioni dell’economia globale e il rischio che il mondo rimanga bloccato in un livello “mediocre” del tasso di crescita; la necessità che il ceto politico debba attivare lo slancio necessario per alimentare la crescita ed evitare di precipitare in una condizione di mediocrità. Ci sono tre M, dice Lagarde: battere la mediocrità della crescita, avviare un movimento economico grazie alle politiche nazionali; attivare una forte solidarietà che porti al multilateralismo, e rifiuti il conflitto, tra i paesi dell’economia globale. Nel suo discorso la Lagarde ha indicato chiaramente le condizioni critiche delle economie “regionali”.
L’economia globale è più debole di quanto avevamo previsto. Le prospettive divergono tra paesi e regioni. E questa è una caratteristica inedita dell’attuale congiuntura economica: ogni continente presenta tratti specifici. Il rimbalzo più forte si legge negli Stati Uniti e nel Regno Unito; modestamente in Giappone; molto debole la zona euro, all’interno della quale vi sono anche molte disparità e divergenze. Le economie emergenti e le economie in via di sviluppo hanno realizzato presupporti rilevanti per la crescita.
L’Asia e la Cina, in particolare, continueranno a guidare l’attività globale. Ma anche per loro ci aspettiamo un ritmo più lento rispetto a prima. Nell’Africa sub-sahariana le prospettive economiche sono in crescita, con una accelerazione del 6 per cento rispetto all’anno precedente.
Nel Medio Oriente le prospettive sono incerte per fattori geopolitici e militari. Sei anni dopo la crisi finanziaria non vediamo ancora un panorama omogeneo di espansione mondiale. Ed in tutto il mondo, se le persone si aspettano un potenziale di crescita più basso, rinunciano ad investire ed a consumare oggi. Potrebbero esserci anche seri rischi nelle economie avanzate, che rifiutano la crescita reale e ripropongono soluzioni finanziarie fini a se stesse. La Shadow Finance – che non è regolamentata dalle banche centrali come le banche commerciali – negli Stati Uniti, per esempio, oggi è più grande rispetto al sistema bancario tradizionale; in Europa, è la metà rispetto alle banche; in Cina la Shadow Finance è la quinta più grande al mondo, anche se rappresenta solo il 25% delle banche commerciali. Ma che cosa rappresenta l’Asia? A prima vista è la locomotiva dell’economia mondiale, con una crescita dai numeri impressionanti negli ultimi decenni. Uno sguardo più attento rivela molte diversità. Ad esempio il riequilibrio dell’economia cinese – dagli investimenti verso i consumi – e le implicazioni di questo cambiamento per sviluppare nuove economie. La costruzione di forme di governance che migliorino le istituzioni ed il clima politico, nel quale si manifestano conflitti significativi, come quelli di Hong Kong. La crescita della domanda di cultura in parallelo con l’aumento dei salari e del tenore di vita.
Lo sviluppo delle funzioni della banca centrale e gli approfondimenti sulla resilience, una parola chiave per la riregolamentazione dei mercati finanziari ed il collegamento tra la finanza e la crescita, in alternativa all’opposizione tra economia reale ed economia finanziaria. Senza dimenticare lo shopping che le istituzioni finanziarie asiatiche hanno praticato e praticano, non solo sottoscrivendo obbligazioni quotate in valuta estera ma anche azioni di quelle grandi società che svolgono importanti funzioni nel mondo occidentale.