«Questo vi darà occasione di rendere testimonianza».
È l’invito che Gesù ci rivolge quando è in causa la nostra vita e la vita dei nostri cari.
Sono parole che, come cappellani delle carceri dell’Emilia-Romagna e Marche, vogliamo condividere. Lo facciamo in comunione con le comunità che presiediamo in carcere condividendo con loro una doppia condizione di restrizione; già privati della libertà, ci vediamo privati anche di ciò che rende la carcerazione meno opprimente come i colloqui, i laboratori, le attività, l’incontro coi volontari così come le attività religiose.
Lo facciamo in solidarietà con gli operatori del carcere, chiamati a gestire tensioni che si accumulano e rischi che si moltiplicano.
Davanti alla drammatica situazione di crisi che si è avvitata in queste ore in diversi istituti, non rinunciamo a credere nell’unica via del dialogo e della mediazione. Non perché via più facile, ma perché unica. Non perché senz’altro disponibile, ma perché indispensabile.
L’uso della violenza, mai giustificato, rifiutato dalla maggioranza dei detenuti e degli operatori, è stato ritenuto uno strumento inevitabile.
Questo ci dà l’occasione di rendere testimonianza alla necessità del dialogo e dell’incontro. La gravità della situazione non richiede necessariamente un di più di violenza, ma certamente un di più di coscienza.
Il chiuso del carcere richiede apertura delle menti e dei cuori.
Mentre siamo tutti unitamente intenti a combattere il virus che colpisce i polmoni, vogliamo allearci per contrastare ogni virus maligno che colpisce il cuore e annebbia la mente.
È il tempo della forza, non della violenza. È il tempo della testimonianza.
Testimonianza che – sappiamo – sarà vissuta anche da coloro che quotidianamente incontriamo e con i quali sentiamo di condividere l’angoscia e la sofferenza.
È il tempo della fede, non della rinuncia. È il tempo della preghiera. Che in questi giorni assume il profilo del testimone per eccellenza, Gesù Cristo, nel suo atteggiamento rivolto al Padre durante i giorni della sua passione.
È il tempo della speranza, non dell’illusione. È il tempo dell’alleanza. La Parola di Dio e la storia degli uomini ci insegnano che le alleanze reggono in virtù di regole alle quali ci si educa e ripetutamente ci si converte. La prima delle quali è: «Fai agli altri quello che vorresti fosse fatto a te». Uno contro l’altro è illusione, insieme è speranza.
È il tempo della carità, non della vendetta. È il tempo della giustizia. È il tempo di accettare la sentenza umana per uscire dal carcere migliori. È il tempo di dar corso alla sentenza testimoniando che il fine ultimo di ogni pena, di ogni misura, di ogni intervento è l’uomo, al di là dell’aggettivo colpevole.
Sappiamo che questo nostro messaggio non potrà forse raggiungere, subito, i nostri fratelli e sorelle che vivono nelle carceri. Ma diamo testimonianza di fede nel credere che ogni atto di fede, di speranza e di carità, ogni parola, ogni gesto di umanità percorre vie misteriose che Dio rende efficaci per la grazia di Cristo.
È lui il testimone nel quale ci sentiamo in comunione con tutte le nostre diocesi in questo cammino che crediamo fermamente sfocerà nella carità della luce pasquale.
I cappellani e le cappellanie del carcere dell’Emilia-Romagna e Marche.