Questo libro sarebbe dovuto uscire nel 2008, all’epoca del mio breve ma intenso soggiorno nell’inferno del carcere di Poggioreale ed i maggiori editori italiani volevano pubblicarlo, ma tutti pretendevano di apportare delle modifiche al testo, in particolare Pironti, voleva abolire, per evitare ipotetiche denunce, il capitolo “Storie incredibili di matta bestialità”.
Naturalmente ai miei libri nessuno può cambiare nemmeno una virgola ed il manoscritto rimase inedito. Fu però pubblicato sul web, dove si trova ancora oggi e tutti possono consultarlo digitando il link http://www.guidecampania.com/dellaragione/tribolazioni/articolo.htm
Nell’arco di pochi mesi ebbe circa 70.000 visitatori.
Oggi, mentre il processo che ne scaturì si è concluso nel nulla, la situazione di invivibilità nel penitenziario di Poggioreale è rimasta immutata, se non peggiorata, per cui è necessario che il libro si diffonda ai quattro venti, per risvegliare nell’opinione pubblica la giusta indignazione, con la speranza che la protesta induca le istituzioni ad intervenire per ripristinare un minimo di dignità umana.
Introduzione
Questo diario vuole raccontare a chi non la conosce l’allucinante realtà della segregazione in un penitenziario, che rappresenta un ignobile monumento alla sofferenza, all’ottusa severità ed alla mortificazione della dignità umana, senza speranza alcuna di redenzione e di reinserimento sociale.
Il triste edificio del carcere di Poggioreale è noto universalmente come il posto meno indicato dove scontare una pena o peggio ancora attendere innocente i vari gradi del giudizio.
Emblematico che esso si trovi a Napoli, per secoli antica e gloriosa capitale, oggi miseramente ridotta al rango di capitale della monnezza, dove la vivibilità è degradata paurosamente, gli ospedali sono i più sgangherati, le strade sono le più affollate, gli uffici pubblici sono i meno efficienti, mentre, lo posso urlare perentoriamente, i napoletani non sono i peggiori tra gli italiani.
Il libro, tranne l’ultimo capitolo ed alcune appendici, è stato tutto scritto nei 15 interminabili giorni di ospitalità… dello Stato, dal 24 giugno 2008 al giorno 8 luglio, quando, a seguito della decisione del Tribunale del Riesame, il quale, non accettando le ipotesi dell’accusa, ha annullato il provvedimento di custodia cautelare, ho riacquistato la libertà.
Esso è stato scritto inizialmente con una matita spuntita reperita nella spazzatura sul retro di fogli già scritti, su bordi di giornale, sulla carta igienica, perché all’ingresso, tra le tante cose che mi furono sequestrate, oltre alle foto dei miei figli e dei miei nipoti, mi fu vietato di portare con me un innocente quadernetto ed una penna che, timidamente, mia moglie aveva aggiunto al mio bagaglio per permettermi di scrivere qualche appunto, tenendo conto che da oltre dieci anni, lasciata per gravi motivi di salute la mia professione di medico, sono a tempo pieno uno scrittore. Ma il timore che possa uscire fuori qualche notizia sulle spaventose condizioni di vita all’interno di quelle tristi mura prevale, nel regolamento, al rispetto dei più elementari diritti umani.
Nel famigerato carcere dello Spielberg, in periodi famosi per repressione e ferocia, a Silvio Pellico fu permesso di scrivere “Le mie prigioni”, la cui diffusione costò all’Austria più di una grande guerra perduta.
Auspico che queste amare riflessioni che mi accingo ad elaborare possano, grazie al magico potere della scrittura, riuscire ad incrinare, se non scardinare le fondamenta di un assurdo edificio predisposto ad infliggere sofferenza ed umiliazione, senza speranza alcuna di resipiscenza e di avviamento al lavoro in assoluto dispregio del dettato costituzionale, della logica e della pietà.
Tra le pagine del libro la mia vicenda giudiziaria è appena accennata, come pure la spietata gogna mediatica alla quale sono stato sottoposto, esse non hanno alcuna importanza per i lettori, perché il mio scopo è unicamente quello di fotografare, senza astio alcuno, la situazione di un carcere costruito per 1200 reclusi e che ne ospita costantemente più del doppio e dove le condizioni di vivibilità sono intollerabili.
Esso è dedicato ai miei compagni di sventura rimasti nei gironi dell’inferno di Poggioreale, ma è indirizzato all’opinione pubblica, a tutti coloro che ritengono che sia un problema che non debba interessarli, alla classe politica alla quale chiedo una legge per ristrutturare un penitenziario costruito oltre cento anni fa con criteri che gridano vendetta e che ci portano fuori dall’Europa e dal mondo civile. Dopo il lodevole impegno del governo per liberare Napoli dalla spazzatura, auspico, chiedo, invoco una promessa in favore di coloro che sono ritenuti a torto spazzatura umana.
A nessuno in futuro sarà lecito giustificarsi candidamente non lo sapevo!