Settantasettesimo posto al mondo per la libertà di stampa. Questo il nuovo, avvilente primato che l’Italia si trova ad analizzare a fronte dell’indagine annuale di Reporter Senza Frontiere.
Il gruppo francese che analizza l’autonomia dell’informazione mondiale, infatti, ha relegato il nostro Paese al 77esimo posto di questa speciale classifica, facendoci perdere ulteriori quattro posizioni rispetto al già poco brillante 73esimo posto dello scorso anno.
A far notizia, inoltre, sono gli stati che sopravanzano la penisola: Burkina Faso, El Salvador (con un tasso di omicidi dovuti alla criminalità organizzata tra i più elevati al mondo), Nicaragua e Moldavia. Pressioni, minacce e violenze subite dai cronisti, sono gli elementi che ci hanno fatto sprofondare al quartultimo posto tra gli stati membri dell’unione europea. Peggio di noi solo Cipro, Grecia e Bulgaria.
A fare da ago della bilancia, c’è la presenza del Vaticano e l’indagine che riguarda Gianluigi Nuzzi e Emiliano Fittipaldi, coinvolti nel caso Vatileaks. I due reporter, infatti, rischiano fino a otto anni di carcere per aver smascherato, nelle pagine dei libri di loro pubblicazione, i malaffari della Santa Sede.
“Sfortunatamente – ha commentato il segretario generale di Rsf Christophe Deloirell – è chiaro che molti dei leader mondiali stanno sviluppando una forma di paranoia nel legittimare il giornalismo”. “Il livello di violenza contro i giornalisti (comprese intimidazioni verbali e fisiche, e minacce di morte) è allarmante. La graduatoria rivela l’intensità degli attacchi di Stati, ideologie e interessi privati contro l’indipendenza del giornalismo“.
Paradiso mondiale è la Finlandia, stabile in vetta, seguita dall’Olanda, Norvegia, Danimarca e Nuova Zelanda. Turkmenistan, Corea del Nord e Eritrea occupano, invece, non a sorpresa, le ultime posizioni.
E se il dato è certamente preoccupante, c’è, però, da analizzarne anche la fondatezza, oltre che prenderne in esame i criteri utilizzati per l’elaborazione dello stesso.
Gli elementi presi in analisi, infatti, vengono raccolti tramite informazioni di carattere quantitativo e qualitativo, come spiega l’edizione online del quotidiano “il Post”. In un primo luogo, gli RSF sottopongono a diversi enti, associazioni, singoli giornalisti, questionari a punteggio su argomenti quali: pluralismo, indipendenza dei media, contesto e autocensura, legislatura, trasparenza e infrastrutture. Il rischio della soggettività delle risposte sembra, quindi, essere ad appannaggio delle sensazioni provate dai soggetti analizzati, pertanto, discretamente elevato. Inoltre, il secondo dato (quantitativo), tiene conto dei giornalisti uccisi, arrestati, minacciati e licenziati.
Insomma, certamente i reporter italiani non godranno di libertà inferiori rispetto ai colleghi di El Salvador o del Burkina Faso (davanti all’Italia in classifica anche quando era una dittatura), tuttavia, non è da sottovalutare quanto, nel nostro Paese, sia rischioso esprimere la propria opinione, gettarsi in un’inchiesta che coinvolge poteri forti, siano essi relativi allo Stato, alla chiesa o alla malavita organizzata, fino a scrivere di cronaca, come di politica, senza interrogare il direttore o il proprietario di turno. È infatti proprio l’autocensura l’elemento che più ha registrato un grosso incremento percentuale. E allora, forse, quel 77esimo posto mondiale, quartultimo all’interno dell’unione europea, sembra un tantino più realistico e andrebbe preso un po’ più seriamente, come il giornalismo in generale.