L’ Unione Europea, colosso economico e demografico, vive il momento più difficile dalla sua costituzione. Cause, la globalizzazione e la recessione. Ma il suo ceto medio, impoverito e impaurito, identifica gli “untori” nei profughi e nei migranti: un paio di milioni di disperati (ma altri milioni premono alle porte) stanno mettendo in crisi 500 milioni di europei. I governi, sotto la spinta del malcontento popolare, stanno innalzando barriere fisiche – i muri – e legali, minando le basi stesse dell’Unione che parlano di libera circolazione di persone, idee, beni. Un importante membro della Comunità, la Gran Bretagna, è uscito dall’Unione, altri Paesi potrebbero seguirne l’esempio. Ma in realtà gli immigrati sono un rischio o sono addirittura una risorsa?
Una risposta si e’ tentata nell’Incontro di Caidate, impeccabilmente organizzato dalla famiglia Barbiano di Belgiojoso nel castello Confalonieri-Belgiojoso che sovrasta la valle dell’Arno nel Varesotto. Centinaia di esponenti della cultura, delle professioni, dell’imprenditoria sono accorsi, come ogni anno, ad ascoltare opinioni autorevoli basate su dati scientifici, privi dell’inquinamento della demagogia e della posizione di parte.
I conversatori, coordinati dall’editorialista ed ex ambasciatore Sergio Romano coorganizzatore degli “Incontri” con Franco Bruni e Luigi Brioschi, sono stati il professor Massimo Livio Bacci e l’economista Tito Boeri.
Bacci è professore di demografia all’Università di Firenze: dopo la laurea ha studiato negli Stati Uniti iniziando la carriera accademica all’Università di Roma, proseguita divenendo professore ordinario di Demografia a Firenze.
Ha trascorso lunghi periodi di studio ed insegnamento nel continente americano (Stati Uniti, Messico, Brasile) e in vari paesi europei. La sua attività scientifica ha riguardato diversi aspetti della demografia attuale e storica.
Nella sua carriera ha pubblicato libri, saggi ed articoli e diretto gruppi di ricerca, contribuendo a fondare società scientifiche, collaborando con istituzioni pubbliche e private, nazionali e internazionali.
Boeri è presidente dell’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale: si è laureato in economia presso l’Università Bocconi di Milano dove insegna nei corsi under graduate. Nel 1990 ha ottenuto il PhD in economia alla New York University. È direttore della Fondazione Rodolfo De Benedetti, istituzione volta a promuovere la ricerca nel campo della riforma dei sistemi di welfare e dei mercati del lavoro in Europa. È stato consulente del Fondo Monetario Internazionale, della Banca Mondiale, della Commissione Europea e del governo italiano, ricoprendo ruoli in alcuni dei più importanti centri studi del mondo. Ha fondato con altri economisti lavoce.info.
Come conciliare il dovere dell’accoglienza e dell’ ospitalità con le esigenze di integrazione e di sicurezza ? Come assistere i Paesi da cui provengono i profughi e i migranti? Come evitare che le reazioni populiste minaccino le nostre democrazie? Si è chiesto, ed ha chiesto, Romano, inquadrando il fenomeno in una cornice storica.
Il dibattito europeo sull’immigrazione e sul multiculturalismo comincia tra gli anni sessanta e settanta, soprattutto in Francia, Gran Bretagna e Svizzera. Agli inizi è dovuto in buona parte alla crescita economica delle democrazie occidentali e alla globalizzazione. Ma si estende ad altri Paesi verso la fine del Novecento e assume proporzioni sempre più difficilmente controllabili dopo le guerre medio-orientali (Afghanistan, Iraq, le Primavere arabe, l’operazione anglo-francese in Libia, la guerra siriana.
C’è una fondamentale distinzione da fare tra chi arriva in Europa: chi fugge dalla guerra e viene considerato profugo dalla Convenzione di Ginevra ed ha diritto ad accoglienza e protezione; e chi lo fa per ragioni economiche – l’immigrato – alla ricerca di una vita migliore . Questi non ha tutele e può essere rimandato nel suo Paese di origine, anche se il distinguo tra le due posizioni è talvolta difficile.
I numeri di oggi: nel 2015 oltre un milione di arrivi, nel 2016 se ne prevedono 400.000. Per loro si renderebbe necessario un “piano europeo di sostegno” che ne programmi inserimento, lavoro, casa, come è stato fatto in Germania. Per inciso, qui la costruzione di decine di migliaia di alloggi per i profughi ha massicciamente riavviato l’edilizia.
In Italia occorrerebbe urgentemente un piano di investimenti nell’edilizia residenziale pubblica ( case popolari a canoni contenuti ) sulla falsariga degli HLM francesi, ma evitando, proprio sulla base dell’esperienza maturata in quella realta’, ogni fattore di ghettizzazione.
Altro punto importante: molti profughi, specialmente siriani, intendono ritornare al Paese d’origine appena i conflitti finiranno.
Nel frattempo nei Paesi europei il fenomeno è contrassegnato dai paradossi. Di uno si è già detto: due milioni di disperati sembrano mettere in crisi, secondo una certa vulgata politica, un continente-colosso. L’ altro: contro profughi e immigrati si pronunciano soprattutto gli anziani, proprio quelli che hanno più bisogno di quell’assistenza (badanti) che il welfare in crisi non riesce ad assicurare. Ma gli extracomunitari coprono anche altri settori vacanti, dagli infermieri ai custodi di stabili. Quindi possiamo parlare di immigrati-risorsa.
E molti lavori di manovalanza (da quella agricola a quella edilizia ) potrebbero esser svolti, anche a costi piu’ contenuti, se le regole sindacali venissero rese meno rigide.
Non solo. In un continente che denuncia un vistoso calo demografico e sempre meno giovani, cioè lavoratori di oggi che contribuiscono alle pensioni di domani, i dati Inps parlano chiaro: gli immigrati hanno versato finora contributi per 8 miliardi di euro ricevendo in cambio solo 3 miliardi (due per assistenza e uno per le pensioni): quindi, un “regalo” di 5 miliardi alle non floride casse dello Stato. Ma c’è di più. Chi arriva, in grande maggioranza giovani, appunto, porta con sé l’energia, la voglia di fare, il coraggio di chi e’ giovane, rivitalizzando una grande civiltà, quella europea, antica, stanca, opulenta.
E portando anche criminalità e terrorismo di matrice islamica, obiettano i propugnatori dei muri contro l’invasione (altro paradosso, i Paesi che li erigono sono quelli che avevano il minor numero di immigrati). Studi accurati hanno accertato che la criminalità spicciola è superiore alla media tra gli immigrati irregolari mentre è nettamente al di sotto tra quelli con permesso di soggiorno. Per quanto riguarda il terrorismo, le cronache hanno dimostrato che, quasi sempre, i terroristi sono cittadini di Paesi europei (sovente pero’ immigrati di seconda o terza generazione).
Secondo Camillo Paveri Fontana, per considerare politically correct la questione, occorre aver presente che il vero problema della xenofobia, non deriva dal fenomeno migratorio in se’, bensi’ dalla paura del terrorismo.
In effetti cio’ che temiamo in Europa non e’ che tutti gli islamici sian terroristi, quanto piuttosto che i terroristi islamici con le migrazioni ci arrivino in Europa.
Ma, si e’ ampiamente ripetuto che va evitata ogni identificazione di questo fenomeno migratorio con un disegno di islamizzazione dell’Europa.
Anche se non puo’ escludersi che all’interno dei processi storici, quale si presenta il fenomeno migratorio di questi anni, possano trovare occasione e spazio anche manovre opportunistiche.
Riassumendo. A Caidate gli esperti si sono pronunciati sostanzialmente in favore degli immigrati-risorsa. A patto che gli afflussi vengano regolamentati e che si approntino adeguate strutture di accoglienza e di integrazione.
Ovviamente un tema di così scottante attualità ha generato un dibattito nutrito quanto composto.
Tra gli interventi, da rilevare quello del professor Alberico Barbiano di Belgiojoso che ha avviato una discussione sul presente e sul divenire delle nostre città in conseguenza dell’immigrazione.
Marco Romano ha sottolineato come la paura sia stata storicamente una fondamentale componente della cultura europea; la storia dell’Europa e’ sempre stata la storia della paura l’uno dell’altro.
Ricordiamo l’iscrizione nel Cartiglio del buon governo di Ambrogio Lorenzetti, manifesto dell’umanesimo rinascimentale : non abbiate paura