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L’OMOFOBIA NON BAGNA NAPOLI MA L’IPOCRISIA CONTAGIA L’ITALIA

Fate “mente locale”, come si dice…. Scagli la prima pietra colui che, tra un gruppo di amici, non ha mai pronunciato una di queste frasi:
“Ma allora sei proprio frocio!” (ad esempo quando si lancia un’occhiata su una donna prosperosa e uno si distingue guardando dall’altra parte) e giù una risata.
“Azz! Sembri davvero un frocio!” (ad esempio quando qualcuno in comitiva si veste in un certo modo tanto da apparire come da stereotipo gay) e giù una risata.
“Ridi come un frocio!” (quando qualcuno scoppia in una risatina stridula che pare femminea…) e giù una risata (non stridula?).
A Napoli, il termine si traduce in “ricchione” o “femmeniello” e, vi assicuro, non ha mai rappresentato un’offesa “discriminatoria”…
Il Maestro Roberto De Simone ne fece un capolavoro di certi atteggiamenti nella “Gatta Cenerentola”, un’opera teatrale che si ispira alla fiaba omonima contenuta ne “Lo Cunto de li Cunti” di Giambattista Basile, il primo favolista dialettale al mondo. De Simone aggiunge diversi personaggi non presenti nella fiaba, come le lavandaie, i femmenielli, ed altri ancora…. La “Gatta Cenerentola” ebbe riconoscimenti ai massimi livelli, in campo nazionale ed internazionale.
Nel celeberrimo film “Le quattro giornate di Napoli”, l’altrettanto celebre regista Nanni Loy, in una delle scene finali del film, fa parlare un popolano che, mentre i nazisti scappano “coda tra le gambe”, li apostrofa con un sonoro “Jatevenne ricchiune!
Il film non ha mai subito alcuna critica per questa scena e i premi che gli furono attribuiti lo resero tra i più popolari di critica e di pubblico nel nostro Paese.
Roberto De Simone e Nanni Loy… fate una ricerca qualsiasi: ai due non fu mai attribuita l’accusa di omofobia. Parliamo di opere delle ultime decadi del ‘900 e non del Medio Evo.
Per essere sacrilego, ricorderò pure i “famosi” (sic!!) film di Lino Banfi e di Pierino dove i termini “frocio” e “ricchione” scatenavano ilarità e mai accuse di omofobia. Ancora oggi, per alcuni, questi sono film “cult” (doppio sic!!!).
A Napoli, il termine “ricchione” fu portato dagli spagnoli (letteralmente “orejón”) tra il ‘500 ed il ‘600 ed era sinonimo di evirato (nelle loro conquiste gli iberici conobbero capi del popolo Incas che si facevano forare ed allungare i lobi tenendovi attaccati grossi e pesanti monili; questi nobili, si diceva, venivano evirati da bambini al fine di esercitare il potere con equità, senza subire le tentazioni della carne), per cui evirato e con grosse orecchie, “ricchione”, appunto…
Altra abitudine dei capi del popolo Inca, riportata dal Centro America, era quella di cospargersi di polvere d’oro le orecchie, donde la frase napoletana: “tené ‘a póvera ‘ncopp’ e rrecchie”, avere la polvere sulle orecchie, usata ironicamente appunto per indicare gli omosessuali.
Un’altra versione, sempre riferita agli spagnoli, dice di conquistadores spagnoli, sbarcati nei porti napoletani, agghindati con grossi e pesanti orecchini; furono perciò definiti “ricchioni” sia per le acconciature ed i monili usati sia per il modo di proporsi e di camminare quasi femmineo; i napoletani ritenevano che la lunga permanenza in mare e l’assenza di donne aveva fatto mutare i loro gusti sessuali…
“Il “femmenièllo” è una figura tipica della cultura tradizionale popolare partenopea, la cui identità di genere cade all’infuori di una concezione duale dei sessi. Spesso sovrapposto alla più diffusa realtà transgender o transessuale, il femmenièllo rappresenta invece un’identità culturale e sociale molto peculiare e storicamente ancorata nel tessuto urbano napoletano” (Eugenio Zito e Paolo Valerio, Corpi sull’uscio, identità possibili. Il fenomeno dei femminielli a Napoli).
Nel centro storico di Napoli è una persona rispettata, mai canzonata se non in maniera benevola o affettuosa, ed a questa figura è legata la tradizione della tombolata, riservata solo alle donne e ai “femmenielli”, serate da passare in maniera allegra coi numeri della smorfia che diventano, man mano che vengono sortiti, vere e proprie storielle a volte piccanti, a volte di tragicità da esorcizzare.
Come si evince, il termine “frocio” (ricchione) non è mai stato usato in maniera dispregiativa, “omofoba”, ma soltanto come una ironia, semplice maniera divertita, di appellare persone con diversi gusti sessuali. Punto.
C’è da chiedersi perchè in altre zone “frocio” diventa una parolaccia, una discriminazione. Questione di “altra cultura”? Paraculismo (mi si passi il termine che sembra usato apposta…)? Una certa lobby costituita (se si fa riferimento a certi settori, come moda o spettacolo, qualche mezza verità esce fuori…)?
Cosa fa diventare un caso nazionale, da prima pagina, una levata di scudi, il fatto che tra due allenatori di calcio ci si apostrofa con “frocio”? Ma la tivvu, maledetta tivvu, dove l’omosessuale in certi salotti fa da macchietta, viene canzonato, sfiora il ridicolo, questa tivvu chi la fa e chi la guarda? Nessuno si sente offeso? Nè l’omosessuale nè il supercritico della morale?
Come per gli attori del calcio e di ogni altro sport, anche questi si è solito definire “personaggi pubblici” che, chissà perchè, dovrebbero fungere da modelli, essere di buon esempio e che poi, per le “cassate” che dicono e gli ingaggi che percepiscono di morale non hanno assolutamente nulla!
I casi scoppiano a seconda? Questo va bene, questo si può fare, questo lo può dire? E il berlusconismo, che ha messo sotto i piedi la donna e che ha fatto diventare barzelletta l’omosessualità?
E nello sport, conta sanzionare il “frocio” e non il “negro di merda” o il “terrone coleroso”? Conta indignarsi per il “frocio” e non per il morto ammazzato, per esempio, da certi ultras?
Questi atteggiamenti, per il sottoscritto, sono semplicemente frutto di una società divisa persino nella divisione tra ricchi e poveri, lavoratori e disoccupati, uomini e donne, tra gusti sessuali diversi… E più dividi e più imperi… Adorabili ignoranti e adorabili ipocriti… Le vere necessità, le vere istanze da presentare e chiedere il conto, passano in secondo piano, c’è da buttare fumo negli occhi e fare abboccare i pesciolini con le esche mediatiche.
Sono partito con il ricordare quanti di noi, nel quotidiano, usano certe espressioni mai maliziose e senza fare drammi, e chiudo con una riflessione personale, il mio punto di vista che, se ad alcuni sembrerà omofobico, giuro che non mi appellerò alla vostra ignoranza, nel caso…
Mi si permetta di dire, anche il sottoscritto trova nell’omosessualità (ma la parola stessa lo dice…) semplicemente un diverso modo di amare e di fare l’amore e che tutte le problematiche di cui oggi si discute intorno ad essa sono temi da collegare ed affrontare in quell’ambito, con i giusti riconoscimenti sociali e giuridici, evitando però di cadere nell’ipocrisia che vuole i diritti gay come da attribuire ad etnie che potrebbero andare in estinzione o avulsi dalle normali rivendicazioni delle famiglia di qualsiasi genere. I gay sono semplicemente uguali a chiunque altro, se fossi gay mi darebbe fastidio e davvero mi sentirei discriminato se ricevessi un trattamento “speciale”…
Così è per me e se vi pare…

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