Nell’attuale vicenda politica italiana con i suoi attori principali ed i loro mutamenti (da un governo giallo-verde con Matteo Salvini e Luigi Di Maio con la presidenza del governo di Giuseppe Conte, ed attualmente con il tentativo di un’alleanza politica tra Partito Democratico e Movimento 5Stelle con la presidenza del governo dello stesso Prof. Giuseppe Conte incaricato di formare un governo con Partito Democratico e Movimento 5Stelle) non riesce facile collocare e definire la figura di un outsider della politica italiana come Giuseppe Conte che in 14 mesi ha attraversato due alleanze assumendo ruoli apicali di governo di queste alleanze.
Non riteniamo inutile in questa congiuntura politica di formazione di un nuovo governo come cittadino che riflette, al di là delle polemiche politiche, cercare di definire alcuni tratti di questa figura alla luce di alcuni dati oggettivi trascurati dalla pubblica opinione nel seguire il susseguirsi degli eventi politici in questo caldo mese di agosto. Nel dibattito pubblico, specialmente all’inizio della sua rapida carriera politica, Giuseppe Conte secondo osservatori e commentatori è apparso come “indistinto” politicamente, e secondo il direttore dell’Espresso Damilano come un personaggio “incolore, inodore,insapore” anche per la sua scarsa conoscenza in ambiti mediatici. Utilizzando il linguaggio delle genealogie bibliche dell’Antico Testamento si può affermare che non erano noti gli “antenati” culturali e politici del Prof. Giuseppe Conte. Ma non è così: infatti è chiara la sua provenienza sociale come docente universitario di materie giuridiche in università italiane, quindi accademica, e se non andiamo errati la sua partecipazione ad un noto studio di un avvocato romano con tutte le vicende privato-pubbliche portate all’attenzione degli avvocati per una risoluzione. E’ chiara allora la sua provenienza sociale e culturale di stampo professionale accademico con uno stile che si manifesta nell’eloquio ragionante e chiaro e nello stesso modo di vestire. Ne è esempio il ragionato discorso al Senato della Repubblica il 20 agosto, dopo la dimissione informale ed immotivata da parte del vicepremier Matteo Salvini, l’8 agosto, con una serie numerata di comportamenti inaccettabili nell’attività di governo con il Salvini, anche se – non è stato sufficientemente rilevato – non si è addentrato nell’esame critico delle politiche del governo giallo-verde di cui era parte come Presidente del Consiglio dei ministri in questi 14 mesi di governo. In tal modo si è qualificato come l’anti-Salvini, che spianava la strada ad altre avventure di governo. Sul piano formale del discorso pubblico il noto storico prof. Canfora ha affermato che da tempo in aule parlamentari non si ascoltava un discorso con una impostazione ragionata che risentiva della sua provenienza universitaria, anche se chiaramente finalizzato a prendere le distanze dal capo politico della Lega per altre esperienze politiche all’orizzonte.
Al di là della sua partecipazione e responsabilità nella gestione del c.d., governo del cambiamento con Matteo Salvini e Luigi Di Maio, che non prendiamo in esame in modo particolare, si deve riconoscere che la sua preparazione e provenienza accademica con le risorse culturali di impostazione e discussione dei problemi anche politici lo abbia per esempio avvantaggiato ed accreditato nelle relazioni a livello europeo ed internazionale fino all’endorsement indebito del Presidente USA Donald Trump per una continuazione nella presidenza del Consiglio dei ministri di un governo tra Pd e movimento 5 stelle, di cui oggi ha ricevuto formale incarico dal Presidente della Repubblica italiana.
Non è questo certo un elogio del Nostro, perchè continuando nel tentativo di una caratterizzazione della sua esperienza politica in due alleanze nel corso di quindici giorni agostani, nella difficoltà di molti cittadini di comprendere questi rapidi e pacifici passaggi da un campo all’altro, anche se come riconosciuto attore politico, è stata utilizzata dal segretario del Pd la categoria della continuità/ discontinuità di programmi e di persone per partecipare ad un nuovo governo, discontinuità che riguarda non solo il Prof. Conte come Presidente del Consiglio dei ministri ma forse a maggior ragione lo stesso Luigi Di Maio vicepremier di questo governo con Matteo Salvini, perché hanno buttato alle spalle questo passato affermando con troppa facilità che non avevano da rinnegare niente di questa esperienza conclusa di 14 mesi, con una qualche valutazione delle diverse politiche, specie per esempio quelle riguardanti la sicurezza-immigrazione secondo l’ideologia di Salvini ed il riconoscimento dei diritti umani delle diverse minoranze.
In questa ricerca di una categoria politica per caratterizzare queste cangianti esperienze politiche, da un suggerimento del Senatore Monti sul canale 7 in una recente trasmissione estiva di Onda, alla luce delle centenarie tradizioni politiche del nostro paese si può far ricorso alla categoria del TRASFORMISMO nel passaggio per interessi e convenienze da un settore all’altro del Parlamento, ragionatamente anche per questi recenti cambiamenti di alleanze politiche e di governo. Certo è da riconoscere la facilità di cambiamento dei discorsi e dei programmi da parte dei politici, per esempio con la facile odierna retorica del Presidente Giuseppe Conte propugnando il governo della novità dopo il conferimento dell’incarico di provare a formare un nuovo governo da parte del Presidente della Repubblica. Si può forse, con una punta di cattiveria e con riserva di approfondimento di questi comportamenti nel pubblico discorso, far ricorso all’immagine del camaleonte che cambia pelle secondo le circostanze o meglio nel nostro caso convenienze politiche.