ROMA. Il direttore generale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, Tedros Adhanom Ghebreyesus, nel consueto briefing sul coronavirus così si è espresso: «Il rischio di ritornare in lockdown resta molto reale se i Paesi non gestiscono la transizioni con estrema attenzione e con un approccio a fasi. Se abbiamo imparato qualcosa dal covid-19 è che investire nella sanità ora salverà vite. La storia giudicherà tutti noi non solo su come siamo usciti da questa pandemia, ma anche sulle lezioni che abbiamo imparato e le azioni che abbiamo intrapreso una volta che è passata. Mentre lavoriamo per rispondere alla pandemia di covid-19, dobbiamo anche lavorare di più per prepararci per la prossima. Ora c’è un’opportunità per gettare le basi di sistemi sanitari resilienti in tutto il mondo».
Questa più che una dichiarazione è un appello, che il direttore ha lanciato ai governi di tutto il mondo per raccogliere maggior investimenti nella ricerca e nella sanità. «La pandemia di covid-19 alla fine retrocederà, ma non possiamo tornare alla normalità. Il mondo spende circa 7,5 trilioni di dollari per la salute ogni anno, quasi il 10 per cento del pil globale. Ma i migliori investimenti sono nella promozione della salute e nella prevenzione delle malattie a livello di medicina del territorio, che salverà vite e porterà a risparmi. Prevenire non è solo meglio che curare, è anche più economico». Maria Van Kerkhove, responsabile tecnico dell’OMS per il coronavirus, ha sottolineato, che se pur continuano le speculazioni su come il coronavirus sia arrivato in Europa ha dichiarato: «È possibile che ci siano stati casi di covid-19, ad esempio in Francia, a fine dicembre, se pensiamo che il primo cluster a Wuhan si è verificato i primi di dicembre. Non spetta a me fare speculazioni, ma qualcuno potrebbe aver viaggiato in quel lasso di tempo.
Stiamo pensando a un’altra missione in Cina, una missione che approfondisca gli aspetti epidemiologici e cosa è successo all’inizio a livello di esposizione di diverse specie animali. L’OMS, avverte anche della necessità di accostare all’uso delle app per il tracciamento un’attenta azione di prevenzione da parte delle autorità locali. Il contact tracing è uno strumento fondamentale per aiutare a controllare la catena di contagi di covid-19. Le app possono supplementare il lavoro delle persone, degli operatori ma anche dei volontari che parlano e intervistano le persone per capire quali contatti hanno avuto. La cosa importante è l’interazione con i pazienti e la ricostruzione dei contatti avuti. Le app possono aiutare ma non sostituiscono le persone che lavorano per questo. L’OMS sta lavorando con sviluppatori nel mondo per provare a trovare una app che si possa poi adattare ai vari paesi per gestire l’intero processo di contact tracing.
La sfida è integrare i dati con quelli raccolti dai sistema sanitari». Intanto, l’ultimo bilancio della pandemia parla di oltre 260 mila decessi nel mondo. Lo ha reso noto la Johns Hopkins University, secondo la quale gli Stati Uniti sono il Paese con il più alto numero di morti (oltre 73000), seguiti da Regno Unito, Italia e Spagna. I contagi complessivi sono oltre tre milioni e 700 mila. Sul piano economico, molti sistemi economici riferiti ai Paesi colpiti da questa pandemia sono in crisi palesando danni ingenti.
A cura di Raffaele Fattopace