Non solo on line, ma prevalentemente sul web. È questo il futuro, almeno per il prossimo anno accademico, delle università di tutto il mondo. A fare il primo passo è stata l’università di Cambridge, fra le più prestigiose al mondo. Le prime indiscrezioni dicevano che tutte le lezioni sarebbero state on line, l’Ateneo ha poi precisato che le lezioni continueranno «dal vivo» in gruppi «ristretti». Le più affollate però non esisteranno più, saranno esclusivamente online.
Le lezioni saranno fatte in diretta web o preregistrate, per il resto sarà netto il distanziamento sociale.
Di persona saranno invece fatte le lezioni individuali che sono uno dei pilastri dell’educazione a Cambridge.
Queste lezioni on line cambiano comunque la faccia e i simboli delle Università. Mettono anche in difficoltà gli studenti che non sono pronti a pagare fino a 20mila euro di rette e spese per la vita lontano da casa. L’Unione nazionale degli studenti ha già lanciato una petizione per chiedere la restituzione delle rette o la cancellazione del rimborso dei prestiti che molti chiedono per pagarsi gli studi.
E gli Atenei italiani? Hanno riaperto in maniera del tutto parziale. Niente lezioni, niente esami e sessioni di laurea in presenza (solo La Sapienza di Roma ha aperto a questa ipotesi da metà giugno se la situazione lo permetterà). Dal 4 maggio al 31 luglio sono aperti laboratori e biblioteche in cui si entra a turno e su prenotazione.
Dalle università italiane se ne sono già andati i fuori sede e non tutti sono in grado di rientrare. Molti non hanno neanche cominciato a cercare casa per l’anno prossimo perché non si sa come si svolgerà. Molti open day si sono spostati sul web e i test di ingresso (quello per Medicina è fissato il 3 settembre) potrebbero essere divisi per giornate per distanziare le persone.
Da settembre i rettori sperano di tornare almeno parzialmente alla didattica in presenza. I programmi sono stati fatti fino al 31 gennaio e puntano su una didattica mista. Così faranno certamente Padova e Torino. Il presidente della Conferenza dei rettori Ferruccio Resta ha però ribadito che «l’università è una comunità fatta di menti, di persone e di relazioni».
Le stime dicono che gli atenei italiani potrebbero esserci 35mila matricole in meno. Gli studenti più a rischio sono stranieri e fuori sede, impossibilitati a trasferirsi e pagare rette elevate. Per questo il governo ha inserito nel decreto rilancio 200 milioni per borse di studio. Le stesse università hanno attivato azioni di sostegno. La Luiss a Roma ha creato United for Luiss learning per l’assegnazione di 310 borse di studio, l’Università Cattolica di Milano promuove un concorso nazionale online per l’assegnazione di 100 borse di studio.