«A Parigi, a Bruxelles, a Tunisi, parli con i musulmani dei jihadisti dell’Isis e tutti hanno quest’aria mortificata, quasi a volersi scusare, quasi si sentissero responsabili, ti dicono: Sono fuori di testa. Ti dicono: Non sono musulmani. Alle Maldive ti dicono: Sono degli eroi». E’ ciò che si legge tra le prime righe del libro, “Ma quale paradiso? tra i di jihadisti delle Maldive“, Francesca Borri, che dubita, indaga ed indugia, medita, si pone delle domande su ciò che accade intorno. E ciò che accade non è nulla di bello. La Borri smacchia la realtà edulcorata del mondo, lo sveste di ogni velo, ce lo rende nudo e crudo, invaso dal terrorismo, dall’odio razziale. . Perché sono andati a combattere per l’Isis così tanti giovani? è un fatto che questi giovani sono quasi altrettanti, vengono da altrettanti Paesi e forse hanno altrettanta sconsiderata generosità e passione, di quanti andarono a combattere Franco durante la guerra civile spagnola. Quelli hanno perso la guerra civile, questi la stanno perdendo. Le Maldive sono il Paese dal quale in proporzione è più alto il numero di ragazzi partiti a combattere in Siria. Lì anche un taxista dice tranquillamente «sono eroi», li elogia, qui da noi si odiano, si disprezzano. L’intero libro lo racconta. Il libro è fatto quasi interamente di semplici dialoghi. Dialoghi diretti, fra lei e i personaggi più disparati. È come essere lì, parlare con ogni tipo di gente, come fa chi si sforza di capire. Ma la Borri mescola , la sua passione, la sua empatia, il suo strazio per i mali del mondo. Francesca la sente sulla sua pelle la pena degli altri, e ce la mostra, come solo una vera giornalista che racconta il mondo che guarda sa fare.
Gli occhi di Francesca spazia: la durissima situazione politica e sociale delle Maldive, segnata dal contatto e dalla separazione fra il mondo ricco e il mondo povero, che si articola poi negli scontri di potere locali. Soprattutto c’è la vasta complessità dell’Islam. Alla fine lo sguardo di Francesca indaga sul nuovissimo tradizionalismo dilagante dell’Islam moderno che vuole tornare ai costumi «di un tempo», con le memorie delle nonne e bisnonne, dove nessuno portava il velo, e le moschee erano magari templi di altre religioni. Le Maldive, in questo caso, diventano segno di una storia in atto assai più vasta, si trasformano e non sono più le isole delle vacanze ma quelle della distruzione covata negli uomini.
Il mondo che esce dalle pagine di questo libro è un mondo complesso, selvaggio, dove nessuno è prettamente innocente e siamo tutti alla ricerca di un perdono che sia divino o umano poco importa. Leggendo le pagine di “Ma quale paradiso? tra i di jihadisti delle Maldive”, ci accorgiamo di quale volto abbia il mondo, un luogo che avvolge tutti della stessa aria, dello stesso vento ma che ci rende diversi e irraggiungibili, eppure siamo tutti connessi ma quanto mai distanti.