Non solo il Sud, Palermo o Napoli. Non solo il Piemonte e la Lombardia dove negli ultimi anni si è presa coscienza del profondo radicamento delle cosche calabresi, della mafia siciliana e degli affari dei Casalesi nel tessuto sociale e imprenditoriale del nord-ovest italiano. Anche Roma, oggi, scopre di avere problemi ben più gravi della Panda rossa di Ignazio Marino. La Capitale ha finalmente aperto gli occhi, dopo decenni in cui si è preferito non vedere, minimizzare e colpevolmente ritardare la lettura di un fenomeno mafioso altamente pervasivo, grazie all’attività della Procura diretta da Luciano Pignatone che ha scoperchiato la rete di interessi e crimini tessuta all’ombra del Colosseo nell’ultimo decennio. Una città sotto assedio della mafia, completamente imbrigliata dal malaffare e dalla criminalità organizzata grazie a un sistema di connivenze tra politica, istituzioni, burocrati (con profilo bipartisan, tra gli indagati ad esempio Gianni Alemanno e l’ex vice capo di gabinetto della giunta Veltroni, Luca Odevaine), uomini d’affari e loschi personaggi che spuntano fuori dalle cronache sul terrorismo nero e la Banda della Magliana.
«Cade il velo di ipocrisia sulla città e Roma diventa Capitale delle mafie. La maxioperazione “Mondo di mezzo” con 37 arresti e 100 indagati svela un sistema mafioso perverso fatto di appalti truccati, usura, estorsione e riciclaggio che ha condizionato la vita politica ed economica della città per almeno un decennio. L’indagine finalmente racconta di un patto trasversale inquietante che tiene insieme boss, imprenditori, manager, funzionari, amministratori pubblici e politici di destra e sinistra, rappresentanti del mondo dell’associazionismo e del terzo settore e descrive come ha funzionato fino a ieri il sistema degli affari a Roma, quale ruolo le mafie abbiano svolto sul degrado delle periferie, quanta speculazione sia stata fatta sui migranti e i rom della città, quale sistema di corruzione abbia regolato i rapporti tra imprese e pubblica amministrazione, quali relazioni pericolose regolino i rapporti tra politica e pezzi significativi della storica eversione nera e l’estrema destra di oggi». E’ il commento ai fatti di ieri dell’Associazione DaSud, che dal 2011 denuncia anche attraverso la pubblicazione di dossier e inchieste, come l’ebook “Mammamafia. Il welfare lo pagano le mafie”, lo stato in cui versa la Capitale. Carte alla mano, il libro scritto a più mani racconta come le mafie garantiscono reddito a interi quartieri capitolini, che l’economia della droga consente di distribuire posti di lavoro e quindi il controllo del territorio, la fornitura di credito alle imprese in difficoltà per la crisi, l’assegnazione delle case popolari, la gestione dei flussi turistici e della movida, persino le politiche di welfare e su tutto, vera gallina dalle uova d’oro, il business dell’accoglienza agli immigrati.
«L’inchiesta racconta – spiegano i volontari dell’Associazione antimafia DaSud – di una città che finora ha negato l’esistenza delle mafie e di una politica che sinora ha finto di non capire e non vedere e ha continuato a parlare di semplici infiltrazioni e piccole bande criminali. A Roma le mafie sono sistema. E l’inchiesta, straordinaria, non ha certo svelato tutto il marcio. Il sodalizio con a capo Carminati come ha detto il procuratore Pignatone è solo uno dei tanti che opera su Roma. Il negazionismo e l’inerzia della politica e delle classi dirigenti sono serviti solo a farli agire indisturbati. Non è più il tempo dell’antimafia di facciata, serve subito un impegno trasversale che non deleghi l’antimafia solo ai magistrati».