Mario Coppeto è il presidente della V municipalità di Napoli (Arenella e Vomero) che oggi, nella lista Napoli in comune con Luigi de Magistris, si prepara a ritornare in consiglio comunale. Gli abbiamo rivolto alcune domande per chiedergli della sua candidatura, delle elezioni nel capoluogo partenopeo e dello stato della sinistra in Campania (e non solo).
Da dove nasce il desiderio di scendere in campo per le prossime elezioni?
«Per continuare la mia attività politica al servizio dell’amministrazione comunale, anche se sono già stato consigliere comunale dal ’97 al 2006. È un ritorno alla città, nutrito dell’esperienza di gestione del territorio collinare nell’ambito della municipalità».
E perché scegliere di schierarsi con de Magistris?
«Perché appartengo a un partito politico (SEL) che è in antitesi al Partito Democratico. Prima avevamo un percorso di intesa con il PD di Bersani per l’Italia. Bene Comune, ma oggi non ci sono più queste condizioni, soprattutto in una città come Napoli. Abbiamo provato più volte a spiegare che il processo politico messo in campo dal PD era un processo non conforme a quelli che erano i nostri bisogni, a partire dalle vicende dell’urbanistica – vedi Bagnoli e Napoli est – e per tutta la gestione della cosa pubblica. Non c’è stato un passo in avanti in questa direzione, e le primarie in qualche modo lo hanno confermato. Con de Magistris siamo entrati in giunta più di un anno fa, abbiamo condiviso un percorso politico, e il nostro prender parte a questa coalizione è legato ad alcuni progetti concreti che vorremmo portare avanti».
Lei ha citato Bagnoli. Tra Renzi e de Magistris è un continuo rinfacciarsi le responsabilità. Dove sta la verità?
«Beh, io potrei dire innanzitutto il mio punto di vista: commissariare una città sull’urbanistica significa toglierle l’unico potere concreto che ha sullo sviluppo della città. È un grosso errore. Anche perché Renzi aveva un impegno diverso con l’amministrazione comunale, ovvero quello di favorire il processo di recupero dei suoli, attraverso naturalmente la bonifica, così come previsto anche dal piano regolatore generale – e a quei tempi ero in consiglio comunale – ma è chiaro che nel momento in cui si pone l’accento sul principio “chi inquina paga”, salta tutto. Probabilmente a Renzi non andava a genio che a pagare il conto della bonifica fosse esclusivamente la Fintecna da un lato, e dall’altro i fondi Cementir che invece sono in mano ai privati, in particolar modo a Caltagirone, l’editore del giornale più importante del Mezzogiorno».
Come crede che andrà a finire?
«Penso che a un certo punto bisognerà anche sedersi al tavolo per contrattare, e probabilmente questo accadrà immediatamente dopo l’elezione quando l’amministrazione sarà più forte e quando de Magistris sarà riconfermato sindaco, e quindi avremo un potere di trattativa diversa. Magari anche lo stesso Renzi dovrà fare un passo indietro rispetto ai poteri attribuiti al commissariato straordinario».
Non crede che sia possibile ricucire questo strappo con il Partito Democratico?
«Ma lo strappo con il PD va ricucito nel PD stesso. Il PD nazionale deve far capire da che parte sta, se sta dalla parte delle trivellazioni, se sta dalla parte dei buchi nelle montagne, dalla parte dei lavoratori con questa bufala del Job’s act e tutte le conseguenze che si porta dietro, se insomma sta veramente a sinistra. Certo, un PD che si allea con Verdini e che fa maggioranza strutturata con il centrodestra di Angelino Alfano e un PD che non può dialogare con la sinistra, né tantomeno con me».
Come andranno a finire le elezioni? Pare che stia per ripetersi la situazione si cinque anni, col ballottaggio tra de Magistris e Lettieri.
«Non mi pare che ci siano le condizioni aritmetiche per vincere al primo turno. Stando ai sondaggi ma anche agli umori della gente si avverte una polarizzazione molto forte tra la maggioranza che sostiene de Magistris e Lettieri che in qualche modo sta aggregando una parte della città e della destra storica, anche se due candidati sindaci che stanno a destra di Lettieri fanno immaginare che ci sarà comunque un’erosione politica su quel lato. Ma questo si verifica anche a sinistra con il Movimento 5 Stelle, e con altre piccole sigle che sostengono i loro candidati, che probabilmente non influenzeranno granché il voto».
Quindi vede il PD fuori dai giochi.
«Penso che il PD abbia sbagliato ogni calcolo, dopo quelle primarie così laceranti, non soltanto perché è successo quel che è successo con il video di Fanpage, ma anche perché i competitor in campo, sostanzialmente, erano della stessa partita. A quel punto le primarie o sono confermative perché hai messo in campo un progetto forte, oppure devi avere la capacità di aprirti alla società civile. Invece quelle sono state delle primarie fratricide, e quando i fratelli si ammazzano tra di loro, poi basta un nonnulla per gridare allo scandalo».