Economia e Welfare

Messico, proteste contro il progetto della riforma giudiziaria, continuano i malcontenti del personale del settore, la Conferenza Episcopale Messicana esprime preoccupazioni

Messico, sconcerto e malumore hanno creato  una sensazione di frustrazione  nel popolo  messicano, il tutto nasce per la controversa riforma giudiziaria voluta dal presidente uscente, Andrés Manuel López Obrador. La riforma venne annunciata sotto forma di  promessa nella seconda metà del suo mandato e che prevede un cambiamento radicale, la possibilità per i cittadini di eleggere direttamente tutti e 7.000 membri del potere giuridico. Inoltre il provvedimento prevede anche una riduzione della Suprema corte di Giustizia, tra i punti dolenti che destano una certa preoccupazione sono i criteri per proporsi  come candidato a incarichi giudiziali: una esperienza minima come avvocato e una età più bassa. López Obrador, ha giustificato la riforma con la necessità di lottare contro la corruzione. Dopo le elezioni federali dello scorso giugno, il partito governativo Morena ha ottenuto la maggioranza dei voti nei due rami del Parlamento rendendo possibile l’approvazione del piano di riforma costituzionale voluto da López Obrador.  Ai partiti di minoranza, che mettono in guardia dalla possibile fine dell’indipendenza del potere giuridico nel paese, si sono aggiunti contro questa riforma gli stessi impiegati dei vari tribunali, giudici, magistrati e amministrativi, preoccupati sia per le conseguenze politiche e democratiche sia per le loro condizioni di lavoro. Tali categorie sono in sciopero e i sindacati del settore evidenziano che l’indipendenza del potere giuridico era l’ultima barriera al potere del partito Morena sia nel governo sia in Parlamento. Nel corso della sua presidenza López Obrador ha spesso accusato la magistratura di essere uno strumento dell’opposizione liberale al governo fino al 2000. Anche dal versante estero sono piovute critiche verso la riforma, tant’è che l’Ambasciatore statunitense a Città del Messico Ken Salazar, lo scorso 22 luglio aveva definito la riforma «un rischio per la democrazia», parole subito definite da López Obrador come «ingerenze». Lo stesso diplomatico statunitense Salazar, successivamente ha poi precisato che le sue intenzioni non erano quelle di «criticare, ma esprimere preoccupazioni in spirito di collaborazione tra Stati Uniti e Messico, considerato che l’elezione diretta dei giudici rappresenta una minaccia storica per le relazioni commerciali». Di fatto a tutt’oggi non sono noti  i tempi per l’approvazione della riforma: il presidente uscente culla la speranza che si possa arrivare alla sua approvazione entro il 30 settembre giorno in cui inizia ufficialmente il mandato della nuova presidente Claudia Sheinbaum anche lei del partito Morena. La controversa riforma ha scatenato proteste di piazza, basti pensare che anche la Conferenza Episcopale Messicana, tramite una nota, ha espresso preoccupazione per la possibile approvazione del piano che ha già ottenuto il via libera dalla Camera dei deputati e che sarà presto analizzato dal Senato. «La proposta promossa dal presidente non risponde alla revisione complessiva del sistema giudiziario, né garantisce una migliore e più qualificata amministrazione della giustizia, oltre a incidere sull’autonomia del potere giudiziario e a mettere in discussione la divisione dei poteri stabilita dalla Costituzione». Com’è possibile apprendere il Messico è vive questa particolare fase con sgomento e con una probabilità di ritrovarsi di qui a qualche giorno  con una riforma che provocherebbe seri problemi se non la paralisi del Paese.

A cura di: Raffaele Fattopace

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