Cinquemila operai di tutti i distretti industriali campani hanno manifestato giovedì a Napoli per chiedere lavoro, sicurezza sociale, sviluppo e futuro. Un grande corteo, capeggiato dai lavoratori Whirlpool, che ha mostrato il volto di un territorio che non chiede assistenzialismo e sussidi ma occupazione, produzione, dignità.
A questa marea di operai, la politica deve saper rispondere ritrovando il suo primato, anche su quella economia, spesso finanziaria, spesso parassitaria, che negli ultimi anni detta legge e stabilisce da sola i destini delle persone.
La vicenda Whirlpool, in questo senso, appare emblematica: una multinazionale americana arriva, firma accordi, garantisce investimenti e poi decide di andarsene, di delocalizzare in territori dove la soglia dei diritti si abbassa, e quindi si abbassano i costi produttivi e crescono i profitti.
Se un atto del genere viene concesso a un’azienda, sarà come concederlo a tutti. L’operazione va chiaramente bloccata.
L’annuncio del ritiro della procedura di cessione dello stabilimento di Napoli, nell’ultimo giorno utile, è stato un primo passo fondamentale. Consente di non vedere i licenziamenti e di avere più spazio per ragionare, per riaprire una trattativa. Ma l’obiettivo di questa è salvare produzione e lavoro. I 400 posti di lavoro più l’indotto devono essere tutelati. Non bisogna abbassare la guardia. La multinazionale conserva il suo progetto di andare via e intende probabilmente solo far scendere la pressione, che invece i lavoratori sono stati bravissimi a tenere alta e sveglia. Bisogna continuare. Occorre un Piano economico che rilanci la produzione dello stabilimento garantendo un futuro agli operai fatto di certezze e non di chiacchiere.
La compattezza tra lavoratori, istituzioni e cittadini, vista durante lo sciopero dello scorso 31 ottobre, è stata arma fondamentale.
Ricordiamoci, poi, che non c’è solo Whirlpool: personalmente mi sono occupata di altre vertenze importanti, come Jabil, come Comdata, come le catene della grande distribuzione commerciale: tra cassa integrazione, contratti solidali, precarietà diffusa, anche quei posti di lavoro appaiono sotto minaccia. Va aperta una vertenza complessiva di carattere regionale per rilanciare occupazione e sviluppo. E il compito spetta innanzitutto al governo, che deve essere capace di guidare i processi invece che di subirli, come troppo spesso è accaduto.
Michela Rostan |
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