ultimissime

MICHELA ROSTAN:”LE RAGIONI DEL MIO ADDIO AL PD,SENZA GIRI DI PAROLE.”

In questi mesi terribilmente difficili per il Partito Democratico, ho discusso a lungo con gli amici ed i compagni con i quali, da anni, condivido tante battaglie politiche e tante scelte. Per me l’impegno politico, la militanza, sono l’esatto contrario dell’individualismo. Ecco perché ho fatto centinaia di telefonate, decine di riunioni non solo con i gruppi dirigenti territoriali del partito ma anche con molti nostri elettori ai quali non possiamo rivolgerci solo quando ci sono le elezioni.
Alla fine, dopo tante notti insonni,  ho preso la mia decisione: lascio il Partito Democratico ed aderisco al gruppo “Articolo 1 – Movimento Democratici e Progressisti”. Lo dico, come sono abituata a fare, senza giri di parole. Scelsi di aderire al PD perché affascinata e innamorata di una grande idea: unire finalmente i diversi filoni del riformismo italiano. Quel grande sogno è, purtroppo, progressivamente svanito e il Pd attuale è lontano mille miglia dalla sua ispirazione originaria.
Per cultura e formazione non sono un’estremista. Ho votato, in questi anni, le riforme proposte dal governo Renzi. Non tutte mi entusiasmavano ma ho sempre pensato che, dopo anni di paralisi, fosse importante ripartire, uscire dalla palude, ricominciare a camminare. Per questo ho sostenuto, con il mio voto, anche riforme che mi apparivano imperfette e al di sotto delle necessità. L’ho fatto con disciplina e con un forte spirito di appartenenza. Anche al referendum costituzionale, pur con tanti dubbi, alla fine ho deciso di votare Sì.
Dopo il disastro delle elezioni amministrative e la valanga di NO che ci ha travolto al referendum mi sono molto interrogata sulle ragioni delle nostre sconfitte. Ho provato tanta rabbia per la miopia e l’arroganza con la quale sono stati minimizzati questi gravi insuccessi.
Non so, francamente, cosa ancora debba succedere per aprire, finalmente, gli occhi. La realtà è più forte anche della più bella narrazione. Parliamoci chiaro: le nostre principali riforme si sono rivelate un clamoroso fallimento.  Io non voglio mettere la testa sotto la sabbia e con la mia scelta prendo atto dell’assoluta mancanza di volontà, di Matteo Renzi e della sua maggioranza, di apportare le correzioni politiche necessarie. Lo faccio da donna meridionale che conosce il dramma nel quale vivono decine di migliaia di nostri giovani senza scuola e senza lavoro.
A spingermi a questa scelta ci sono anche tante motivazioni locali. Sono iscritta della federazione di Napoli. Basta leggere anche solo le cronache di questi giorni sul tesseramento per comprendere che non ci sono le condizioni minime per condurre una battaglia politica dall’interno del partito. I signori delle tessere, quelli con poche idee, poche proposte e tanti soldi da “investire” nel tesseramento, sono attualmente “imbattibili”!
La degenerazione è da tempo oltre il livello di guardia. Il partito è stato dato “in concessione” a pochi capicorrente, con la benedizione del gruppo dirigente romano. Io non ci sto, non voglio più sopportare e indirettamente essere corresponsabile di tante  “indecenze” che mortificano, quotidianamente, i nostri militanti che generosamente si impegnano nei territori.
La mia scelta, come quella di altri, in queste ore, arriva addirittura dopo quella che, giorno per giorno, è stata già compiuta sui territori dai nostri elettori, dai nostri militanti, dalla nostra gente.
Arriviamo quasi tardi a scegliere quello che i cittadini hanno già scelto.
Questo – a dire il vero – in un momento così difficile, paradossalmente mi conforta. In queste ore ho sentito, chiaramente, i circoli con cui ho provato a tenere dialoghi aperti in questi anni; ho incontrato elettori, simpatizzanti, nostri militanti, persone di cui ho stima e che ripongono una grande fiducia in me. E in tantissimi sono già sull’uscio della porta. Alcuni se ne sono andati da tempo, stanchi, sconfortati. Sono la parte migliore della nostra militanza: quelli che non chiedono niente, che non hanno interessi personali, che dalla politica vogliono solo rappresentanza, temi, idee, tutele reali, diritti e presenza territoriale.
Questa gente, la nostra gente, se n’è già andata.
Ora parte, per quanto mi riguarda, una nuova storia. E’ una storia di futuro, non di passato. Di costruzione, non di nostalgie. Una storia di risposte da dare a un mondo smarrito, che non ha rappresentanza. Penso ai lavoratori che rischiano continuamente il posto. Ai giovani a cui è negato un progetto di vita. Ai precari. Alle donne. A tutte quelle persone ormai stanche ed avvilite, che non aspirano più a nulla. Ad un ceto medio che sta percorrendo al contrario la scalata sociale, carico di rancore per la propria crescente marginalità sociale ed economica e che guarda alla politica con disinteresse.
Abbiamo di fronte un Paese che invecchia, che emigra, che si lacera, che soffre, che è vittima di proclami demagogici e che chiede soprattutto una speranza. Tocca a noi – io credo – dentro una frontiera che non è di sinistra velleitaria, ma di centrosinistra comunitaria, con l’orizzonte del governo, trovare una nuova connessione, riparare ai danni, ricostruire una speranza.
Sono fiduciosa e affronto questo passaggio importante con la determinazione di sempre e con la sicurezza che stiamo mettendo in cammino un grande sentimento di futuro, che saprà trovare, questa volta, le parole e le persone giuste.
Michela Rostan

Potrebbe piacerti...