Otto casi Covid in quindici giorni. Un medico, un infermiere e sei pazienti. Tutti in un reparto dell’Ospedale Cardarelli di Napoli. Lo denuncia l’Anaao Assomed, l’associazione dei medici dirigenti, che punta il dito contro la direzione: “C’è un padiglione che doveva essere riaperto il 28 aprile dopo sanificazione e risultati dei tamponi a personale e pazienti. – spiega Franco Verde, segretario provinciale dell’associazione – Si è deciso di riaprirlo il 27, prima di avere il responso, e dopo 24 ore si è scoperto che un medico era contagiato. Da quel momento, abbiamo registrato otto contagi. Il reparto è stato chiuso di nuovo, ma non abbiamo notizie su come sia stato sanificato il reparto. Evidentemente, se ci sono stati questi casi è perché c’è stata promiscuità nei percorsi, con persone che passano da un piano all’altro. Così non va bene, questo ospedale ha già pagato il suo prezzo all’emergenza con 15 contagi, tra cui un infermiere morto”.
L’Anaao ha scritto una lettera rivolta al Governatore De Luca, riportata da NapolyToday: “Il rischio che diventi un focolaio c’è – afferma Luigi Orsini, medico del Cardarelli e segretario aziendale dell’associazione – Bisognava sanificare e aspettare il risultato dei tamponi. C’è stata superficialità nell’applicazione del protocollo. Una disattenzione importante, forse da spiegare con la fretta di riaprire per rispondere all’afflusso di pazienti. Questi errori non devono più ripresentarsi”.
I medici chiedono che il Cardarelli torni a essere un ospedale non Covid: “C’è la palazzina M che ancora accoglie i contagiati – spiega Franco Verde – Questi andrebbero trasferiti in altre strutture”. E in effetti altre strutture esisterebbero. Come il nuovo ospedale da campo di Ponticelli, costato circa 8 milioni di euro e inaugurato il 20 aprile scorso: in esso sarebbero dovuti essere trasferiti tutti i contagiati della regione: “Che io sappia tutto ciò non è avvenuto” sostiene Orsini. “Ancora oggi – conclude Verde – c’è rischio per i medici. C’è stata una indagine dell’Anaao su dispositivi di protezione, tamponi e percorsi e i risultati non sono incoraggianti. Se a febbraio siamo stati travolti da uno tsunami, in caso di nuovo picco in autunno De Luca non avrebbe alibi. In questi mesi deve rinforzare la medicina territoriale con mezzi, organizzazione e cultura, che passa attraverso i molti colleghi che sono sopravvissuti al covid e che possono offrire un bagaglio di esperienza ben superiore a quello della task force regionale”.