Duecento ragazzi di 18 licei di Napoli e provincia riuniti in una sala per confrontarsi su temi di stretta attualità e che caratterizzano in maniera profonda la società. Li hanno radunati i notai di Napoli per discutere, ascoltare e affrontare con loro due i temi: da un lato il rapporto tra le mafie e le libere professioni e il ruolo di contrasto delle Università e dall’altro la detenzione, analizzata secondo il dettato dell’art.27 della Costituzione, cioè come pena che deve tendere alla rieducazione del condannato.
L’incontro – moderato dal giornalista Ottavio Ragone, responsabile della Redazione di Napoli del quotidiano La Repubblica – si è svolto nella sede del Consiglio Notarile di Napoli, nell’ambito della Giornata Europea della giustizia civile, che dal 2003, quando fu istituita su iniziativa della Commissione Europea e del Consiglio d’Europa, si celebra ogni anno il 25 ottobre.
“Per il terzo anno consecutivo il Consiglio Notarile di Napoli – ha detto il presidente dei Notai di Napoli, Antonio Areniello – approfitta della ricorrenza della Giornata Europea della Giustizia civile per coniugare temi quali sicurezza, legalità, prossimità e vicinanza alle persone – che poi sono nel patrimonio genetico della nostra professione – e soprattutto per dare l’idea che la nostra professione è vicina non solo a temi quali la legalità, la cultura della vicinanza, la sicurezza dei traffici ma anche a un profilo sociale altrettanto rilevante e che quindi pone il Notariato vicino a situazioni anche di fragilità, di disagio, di dolore quali, appunto, quelle ad esempio dei detenuti. Di qui la presenza oggi nel nostro convegno del Garante dei detenuti, prof. Samuele Ciambriello e del prof. Starace, uno psicanalista che ha studiato molto da vicino il tema delle carceri. Al contempo la cultura della legalità è un po’ il fil rouge del libro che hanno scritto il Rettore Gaetano Manfredi unitamente al Procuratore De Chiara e al prof. D’Alfonso nel quale viene soprattutto illustrata quella che è la difficoltà di individuare la zona grigia di collusione tra le libere professioni e le mafie e la criminalità organizzata”. “L’affascinante presenza di quasi 200 ragazzi di scuole superiori napoletane e della provincia – ha concluso Areniello – è il dato più significativo e per la verità anche commovente perché vedere tanti ragazzi nella nostra casa è davvero qualcosa di entusiasmante. Il silenzio, l’attenzione con la quale hanno recepito i tanti interventi moderati in maniera estremamente brillante dal direttore di Repubblica Napoli, Ottavio Ragone hanno davvero impreziosito la giornata. Giornata che merita un ringraziamento particolare al Consiglio Notarile segnatamente a Giovanni Vitolo e Dino Falconio che sono consiglieri e che hanno fatto degli interventi estremamente chiari e puntuali di apertura e di chiusura dei lavori”.
Dopo il saluto di Areniello, sono intervenuti Aldo De Chiara – magistrato, già Procuratore Generale Vicario presso la Corte d’Appello di Salerno e consulente della Commissione Parlamentare Antimafia – e Stefano D’Alfonso – professore presso l’Università Federico II e già consulente della Commissione Parlamentare Antimafia coautori, assieme al Rettore della Federico II, Gaetano Manfredi, del libro ‘Mafie e libere professioni’.
De Chiara e D’Alfonso hanno tracciato il quadro dell’evoluzione del fenomeno mafioso e del suo continuo adattamento delle strategie, sottolineando la tendenza intrapresa a spingersi oltre i metodi e le attività tradizionali e oltre i territori di origine. Si è evidenziato pertanto negli ultimi tempi – è stato sottolineato – un minor uso della violenza e una maggiore attenzione a ai processi di relazione e valorizzazione delle reti sociali, economiche e politico-amministrative. In sostanza i clan, oltre a perseverare nelle tradizionali pratiche del malaffare, si organizzano nel contempo a muovere gli ingenti capitali accumulati usufruendo delle più moderne strategie finanziarie ed economiche. C’è dunque un maggiore radicamento e sviluppo nel pubblico e nel privato, con l’utilizzazione dei settori di appalti pubblici, sanità, scommesse, servizi sociali e nelle imprese e nella finanza, attraverso complesse operazioni di riciclaggio
La casistica rivela il ruolo determinante delle professioni liberali che mettendo a disposizione della criminalità organizzata le proprie tecnicalità fungono da cerniera tra il mondo illegale e quello legale.
Si tratta delle cosiddetta ‘area grigia’ che va individuata e combattuta anche se è quantitativamente marginale rispetto alla grandissima maggioranza di liberi professionisti che svolgono la propria attività in un contesto di onestà e correttezza, ispirandosi ai principi di deontologia professionale così come definiti dalle leggi dello Stato. Tuttavia è grazie proprio a quest’area grigia che le associazioni criminali compiono il salto di qualità nella loro organizzazione e nelle loro attività ed è per questo che è fondamentale individuare e combattere con forza anche le espressioni di quest’area.
“Sono molto soddisfatto dei lavori – ha detto il giudice De Chiara -. E’ stata un’iniziativa dalla quale, grazie alla presenza di molti giovani che hanno fatto domande ed osservazioni usciamo più arricchiti rispetto a prima. Credo che queste iniziative debbano reiterarsi perché sono utili, mettono a confronto i cosiddetti esperti con i giovani che spero grazie a questi incontri possano essere cittadini migliori di quanto siamo stati noi”.
Il tema del contrasto alle mafie viene affrontato in modo sistematico da alcune Università italiane, fra le quali la Federico II di Napoli che è attiva, in particolare, sulla formazione dei futuri professionisti relativamente al rispetto delle regole e alla difesa della legalità. La Conferenza dei Rettori delle Università italiane ha sottoscritto con la Commissione antimafia un protocollo d’intesa per strutturare una forma sistematica di collaborazione.
“Abbiamo cercato – ha osservato il prof. D’Alfonso – non solo di entrare nel merito della nostra ricerca – quindi il rapporto fra le mafie e le libere professioni – ma soprattutto cercare di analizzare il ruolo dell’Università, nella formazione universitaria, nella formazione dei giovani in quanto futuri professionisti. In particolare il contributo del Rettore della Federico II, Gaetano Manfredi che è anche presidente della Conferenza dei Presidenti dei Rettori, mira a capire qual è il ruolo oggi dell’Università e quale potrà essere un domani. Questo considerato che i giovani studenti di oggi saranno i futuri professionisti di domani. Noi abbiamo avuto modo di approfondire quella che è la didattica universitaria in Italia, cercando appunto di comprendere cosa viene insegnato e dove e anche di approfondire il ruolo della ricerca universitaria su questo tema delle mafie. A noi interessa non solo nel rapporto con gli studenti, che evidentemente resta il nostro obiettivo prioritario, ma anche nel rapporto con le istituzioni e con i movimenti”.
Il Notaio Giovanni Vitolo si è soffermato sul significato che il confronto su legalità e illegalità può e deve avere per le giovani generazioni e per gli studenti in particolare. Vitolo ha sottolineato anche il valore e la funzione dell’educazione scolastica indispensabile per indirizzare i professionisti del domani verso un percorso positivo, che non si faccia coinvolgere in alcun modo nelle logiche e nelle dinamiche del malaffare.
Il Garante dei detenuti della Regione Campania, prof. Samuele Ciambriello ha affrontato quindi il tema della detenzione, dei diritti e dei doveri dei reclusi, raccontando la difficile esperienza di chi è chiamato a sorvegliare l’applicazione delle leggi e il rispetto della dignità in ambienti e situazioni in cui la posizione della persona è particolarmente vulnerabile.
“E’ necessario – ha detto Ciambriello – sostituire la parola legalità con la parola responsabilità. Dobbiamo sentirci in dovere di rispettare i diritti degli altri ed essere anche noi responsabili. Per esserlo bisogna anche rimuovere dei pregiudizi che riguardano il tema della giustizia, del carcere; bisogna cioè non essere più indifferenti. E soprattutto il tema che mi sta a cuore per questi giovani è questo: quello che io posso fare è solo una goccia nel mare dell’oceano, ma è quello che dà significato alla mia vita. Due esempi concreti: negli ultimi 15 anni, 16mila persone hanno ricevuto un risarcimento economico per una ingiusta detenzione. Quindi non è vero che tutti quelli che vanno in carcere sono criminali o sono colpevoli. E questo è costato allo Stato italiano 820 milioni. Però, chi ha pagato? Hanno pagato solo le persone che sono entrate in carcere e i propri familiari. Seconda cosa che mi sta a cuore: io sbaglio, entro in carcere perché ho commesso un reato, ma rischio di subire un reato dallo Stato, uscendo dal carcere, o di malasanità o di mala giustizia. In questo senso, allora, dico che alla persona che sbaglia deve essere tolto il diritto fondamentale vale a dire il diritto alla libertà, ma non il diritto alla dignità”.
Concetti confermati dal prof. Giovanni Starace, psicologo e psicoterapeuta. “Il mondo della criminalità organizzata – ha sottolineato Starace – è estremamente complesso e non può essere visto in modo indistinto. Ci sono tanti aspetti di possibile recupero di tante fasce di popolazione che vivono ai margini di questo mondo criminale e occorrerebbe uno sforzo straordinario da parte dello Stato, quasi una sorta di piano Marshall, per potervi fare fronte”.
All’incontro è intervenuto portando un contributo, particolarmente apprezzato dai ragazzi delle scuole, anche un ergastolano in regime di semilibertà, Cosimo Rega. “Il carcere – ha detto – incattivisce e porta odio. Io tanti anni fa ho avviato un percorso di riabilitazione, avvicinandomi allo studio, alla cultura e all’arte e sono diventato un uomo nuovo e diverso. Lo sforzo che lo Stato deve fare è proprio questo: offrire ai detenuti gli strumenti giusti per cambiare radicalmente la loro cultura e indicare la strada del riscatto civile e sociale”.
Al Notaio Dino Falconio sono state affidate le conclusioni. “E’ indipensabile – ha detto Falconio – lanciare il messaggio che non esiste un potere non regolato dal diritto. Anche il massimo potere dello Stato, quello punitivo deve essere regolato dal diritto. Il potere della conoscenza, il potere della competenza, quello esercitato dai professionisti, deve essere regolato dal diritto, cioè le regole devono servire a disciplinare questo potere di impedire che diventi prevaricazione e sopruso”.
Gli studenti sono poi intervenuti direttamente nel dibattito,con domande e richieste di chiarimenti sui temi affrontati, dimostrando che i concetti al centro del confronto sono da loro considerati elementi concreti del vivere quotidiano, non solo all’interno delle scuole ma anche fuori di esse.