La grotta della Sibilla detta anche grotta delle Fate, prende il nome dalla leggenda della Sibilla Appenninica, secondo la quale questa grotta non era altro che la dimora della regina Sibilla, un’antica sacerdotessa che aveva la dote di predire il futuro.La sacerdotessa era circondata da Ancelle , dette “Fate della Sibilla ” erano affascinanti creature, che uscivano prevalentemente la notte e dovevano ritirarsi in montagna prima del sorgere delle luci dell’aurora per non essere escluse dal regno incantato della Sibilla. Secondo la leggenda , queste meravigliose creature avevano contatti con il mondo circostante : si recavano a valle per insegnare le arti della filatura e la tessitura delle lane ma anche per incontrare i giovani pastori. Nelle notti di plenilunio amavano danzare e appropriandosi segretamente dei cavalli dei residenti, raggiungevano i paesi vicini per ballare con i giovani del luogo.Da quest’abitudine di avere contatti con il mondo terreno, nasce anche il tema del mito dell’Amore che le legava agli uomini, che una volta entrati in contatto con le fate, sarebbero stati sottratti al loro mondo divenendo immortali: così come succedeva alle fate, rimanevano in vita fino alla fine del mondo, ma erano costretti a vivere nella grotta, nel modo della notte, con le fate e la sacerdotessa.
Questa grotta ha origine nel lago di Averno, trapassa il Monte delle Ginestre dove il foro craterico si abbassa, e arriva nel lago di Lucrino. Fu scoperta durante gli scavi archeologici promossi dai Borbone nel 1750 e 1792. Il tunnel, scavato nel tufo, si allunga per circa duecento metri.Poco prima di arrivare alla fine del tunnel, circa a metà del cammino, sulla destra, si apre una diramazione lunga solo settanta centimetri che porta in un corridoio. Da questo si possono scendere una trentina di gradini per arrivare ad alcune stanze sotterranee. Queste erano degli ambienti termali, usati per scopi terapeutici, conosciuti nel Medioevo come “Lavacro della Sibilla”, a causa della presenza di falde acquifere calde. Per i viaggiatori del Grand Tour era qui che dimorava la Sibilla, prima che venisse scoperto il suo “Antro” agli inizi del Novecento con le campagne archeologiche condotte da Gabrici nel 1910 e da Maiuri nel 1932.