Entro i primi inizi i settembre, torneranno a splendere i colori degli affreschi due-trecenteschi che nella controfacciata della basilica di Santa Chiara rendono prezioso, il monumento funerario di Antonio Penna , segretario del sovrano napoletano Ladislao d’Angiò-Durazzo. L’opera restaurata è considerata come una tra le più belle «cappelle» gotiche che ancora si conservano a Napoli, sarà recuperato anche il baldacchino in marmo che la contiene.
L’intervento di restauro, che è supervisionato da Roberto Middione, funzionario della Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per il Comune di Napoli responsabile della basilica. La pittura, un dipinto «a secco» molto rovinato dal tempo, dalle muffe e dai fumi, oltre che dai danni subiti durante il bombardamento anglo americano del 4 agosto 1943 e il successivo catastrofico incendio che distrusse quasi del tutto Santa Chiara, è a doppio registro. Sul baldacchino inferiore, è riportata «un’antica immagine della santissima Trinità come scrive Vincenzo Corsi nel suo Principali edifici della città di Napoli, del 1850 raffigurata dal Crocefisso tra le braccia dell’Eterno Padre, e lo Spirito Santo, librato ad ali aperte sulla croce». Simona Anastasio della Ocri restauri, che sta adoperandosi al restauro dell’opera, si esprime così in merito: «Prima di ogni azione provvediamo alla pulizia della superficie decorata, in maniera da avere un quadro esaustivo tanto sullo stato della pellicola pittorica quanto sulla qualità dell’intonaco che fa da supporto. Da un primo esame si evince che le pitture, oltre a risultare integrate e rimaneggiate hanno anche necessità di consolidamento dell’intonaco sul quale vennero stese».