Caserta, Si tratta di una storia realmente accaduta, i personaggi che hanno vissuto questa tragica esperienza, la follia della guerra non si sono sottratti al destino ma soprattutto non hanno mai smesso di servire oltre il proprio Stato in armi anche di sostenere ed aiutare un popolo, quello ebraico, che forse più di ogni altro ha pagato un prezzo troppo alto per gli obbiettivi perversi di un uomo, folle e fuori da ogni caritatevole considerazione.
Antonio Ambroselli e Alayddin Bayram Korça, di fatto sono stati due particolari figure del II conflitto mondiale, a raccontarci i fatti in questa particolare giornata è Sandro Ambroselli figlio di Antonio.
Oggi ha voluto raccontare quello che suo padre ed altri amici, sono stati capaci di fare per amore del prossimo.
Il Maresciallo Maggiore “Aiutante” Antonio Ambroselli è nato a Santi Cosma e Damiano (Latina) il 12 marzo 1915, allora provincia di Caserta, Terra di Lavoro, si arruolò nella Regia Guardia di Finanza il 5 settembre 1935. Dopo aver prestato servizio presso varie Brigate territoriali, nel luglio 1941, fu mobilitato nei ranghi del 1° Battaglione, destinato ad operare in Albania. Ritornato in Patria nel novembre 1942, Ambroselli, fu destinato a Roma presso la Compagnia Comando dell’Accademia del Corpo. Fu tra le queste mura che, si incontra con un giovane Sottotenente di origine albanese, nativo di Tirana, figlio di un capo religioso molto noto in Albania, Hafiz Ali Korça. Nonostante vi fosse una differenza di grado, fra i due, nacque subito una grande amicizia, tant’è che la sera uscivano insieme con le rispettive ragazze, donna Mafalda e la signorina Delia Mei, future Signore. Una strana coincidenza volle, che i corsi in accademia vennero sospesi, Ambroselli fu destinato al servizio di Polizia presso il Comando Scalo Ferroviario di Roma Tiburtina (nell’ambito del “Comando Guardia di Finanza per il Servizio di Polizia della “Città Aperta di Roma”, al quale furono demandati compiti strettamente istituzionali, oltre al concorso per il mantenimento dell’ordine pubblico), il destino vede nuovamente fianco a fianco i due, tant’è che al comando, vi fosse proprio quel giovane ufficiale, ormai amico consolidato, promosso nel frattempo Tenente. Da un documento ufficiale conservato al Museo Storico della Guardia di Finanza a firma Comandante Legione Allievi Col. Formato , redatto nel 7 agosto 1944, si evince che Ambroselli era il più attivo della “Banda Fiamme Gialle” – nucleo partigiano aderente al Fronte Militare Clandestino di Roma, alle dirette dipendenze del Colonnello Giuseppe Cordero Lanza di Montezemolo (poi trucidato alle Fosse Ardeatine) – e alternava le pericolosissime operazioni anti-tedesche allo svolgimento del normale servizio d’istituto.
La Banda Partigiana Fiamme Gialle, operava alla Stazione Tiburtina di Roma, dove vi erano dei finanzieri comandati Tenente di origine albanese, ex allievo della Nunziatella (corso 1935-1938 -3° Compagnia Albanesi), Alayddin Bayram Korça, con il quale organizzò tantissime fughe dei prigionieri pronti a partire per la Germania, aiutati anche da Michele Bolgia, un ferroviere “guardasala” (morto poi alle Fosse Ardeatine, che gli forniva orario e binario dei “treni della morte”) e dove, nel solo mese di febbraio 1944, con quattro colpi di mano presso il richiamato scalo ferroviario, dopo aver spiombato i portelloni dei vagoni in sosta, fece fuggire insieme al Ten. Korça, oltre un migliaio di giovani rastrellati a Roma, fra i quali ebrei catturati a Piazza Bologna, diretti nei campi di concentramento germanici.
Di fatto come avvenivano questi salvataggi alla Stazione Tiburtina?
In genere si svolgevano di notte: venivano aperti i portelloni di questi lunghissimi convogli in sosta e si facevano fuggire tante persone. Alcune esitavano, preferivano restare sui treni della morte, credendo veramente di essere portati in salvo al Nord, ma la stragrande maggioranza si dava alla fuga per i campi. Molti erano ebrei, sfuggiti fortunosamente dalle prime retate al ghetto. Poi, ad un certo punto, Ambroselli sparava in aria attirando la vigilanza tedesca, facendogli credere che erroneamente qualche portellone era stato chiuso male e lui ed il Tenente Korça avevano tentato di fermare i fuggitivi. In altre occasioni, sempre di notte, qualche volta anche all’alba, riaprivano i portelloni dei vagoni merci ed i treni, viaggiando a bassa velocità, consentendo la fuga ad altri deportati che si lanciavano in aperta campagna appena fuori Roma. In quel periodo le province di Latina e Frosinone, attraversate dalla linea difensiva nazista “Gustav” furono oggetto di provvedimenti di sfollamento per esigenze belliche, molti civili divennero profughi ospitati in campi predisposti a Roma, tanti furono gli uomini abili al lavoro reclutati coattivamente per le esigenze militari (costruzione di difese in Italia, nei pressi del fronte) e industriali tedesche, spesso deportati in Germania. All’indomani del 18 ottobre 1943, la Stazione Tiburtina di Roma divenne luogo di partenza dei carri bestiame, meglio definiti, i carri della morte, che trasportarono ad Auschwitz gli ebrei romani, ma anche di molti altri convogli carichi di militari sbandati, giovani renitenti alla leva, ebrei scampati al primo rastrellamento, ma soprattutto tanti padri di famiglia sottratti alle proprie vite normali per essere duramente utilizzati come bassa mano d’opera nella lontana Germania.
L’opera incessante di del Maresciallo Ambroselli, non fu solo alla stazione Tiburtina, quando venne a sapere che presso uno dei due campi di Roma, il primo, noto per i sfollati “Villaggio Breda”, ma soprattutto il secondo, limitrofo, vero Campo d’Internamento Tedesco “Breda,” ex Fabbrica Armi VII – Officine Ernesto Breda, dentro grandi capannoni, ambedue a Torre Gaia al 14° km della Via Casilina, tra l’antico Castello Cenci e la Borghesiana, erano stati concentrati altri profughi provenienti dal suo paese natale, da paesi limitrofi e giovani ebrei rastrellati a Roma, unitamente alla giovane moglie romana Mafalda Cangelmi, Mafalda aveva solo 21 anni, per i buoni uffici, riuscì a far diventare dipendenti della Croce Rossa Italiana, molti di loro, altri ancora vennero fatti fuggire dal Campo e ospitati da parenti e amici a Roma, o addirittura nella loro stessa casa, in attesa di una sistemazione migliore. Antonio Ambroselli e Mafalda Cangelmi, si erano uniti in matrimonio, il tipico umile matrimonio di guerra il 18 settembre 1943 a Carsoli (AQ), dove si erano rifugiati erroneamente i parenti di Mafalda, che più tardi persero la vita causa bombardamento alleato. Per Ambroselli, erano presenti solo i Coniugi Alayddin e Delia Mei in Korça, essendo, i suoi oltre la Linea Gustav, il viaggio di nozze dei due novelli sposi fu da Carsoli a Roma 70 km, su un carro bestiame seduti per terra.
Al Maresciallo Maggiore, Antonio Ambroselli, ed è stato insignito delle seguenti Medaglia d’Oro del SID Servizio Informazioni Difesa alla Memoria; Medaglia per le Campagne di Guerra 1941-1942; Medaglia della Guerra di Liberazione; Due Croci al Merito di Guerra, Croce d’Oro al Merito di Servizio; Intitolata strada nel Comune di Santi Cosma e Damiano LT; Conferita la Medaglia d’Oro della Fondazione Carnegie per gli Atti d’Eroismo; Conferita dal Presidente della Repubblica Italiana la Medaglia di Bronzo al Merito Civile; Intitolata Caserma della Sezione Operativa Navale della Guardia di Finanza a Gaeta, nel Porto Commerciale; Realizzato dal Magg. G. di F. Luigi Siniscalco, primo Comandante della Caserma a Gaeta, un monumento su pietra antichissima; Sua Altezza Reale Principe Carlo di Borbone delle Due Sicilie, Duca di Castro, Gran Maestro del Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio, ha conferito la Medaglia d’Oro di Benemerenza alla Memoria dell’Eroe Antonio Ambroselli; Inserito nominativo dalla Commissione Consultiva della Toponomastica di Roma Capitale per prossima intitolazione di una strada a nome “Antonio Ambroselli: Eroe della Resistenza (1915-1975)”;Intitolata strada nel Comune di Gaeta; è stata collocata una lapide commemorativa in onore di Antonio Ambroselli e sua moglie Mafalda Cangelmi Ambroselli nella piazza antistante il Comune di Venafro (IS), non ultima l’intitolazione della caserma della Guardia di Finanza a Gaeta della Sezione Operativa Navale.
Anche la dottoressa Clelia Nobile Psicologa Clinica ed esperta in Criminologia, ha voluto dare un suo chiaro e tangibile contributo:
Molto spesso ci chiediamo com’è possibile che un uomo possa spingersi così oltre nel commettere atti di malvagità estrema contro un suo simile”; e molto spesso questa domanda ricorre ancora più frequentemente quando ci avviciniamo al giorno della memoria. Quello che è successo durante la Guerra è senza ombra di dubbio, una delle pagine più strazianti della storia umana, non solo per ciò che la guerra porta con sé, ma soprattutto per il “progetto” di sterminio messo a punto dai nazisti.
Moshagen e colleghi, all’Università di Ulm in Germania, hanno individuato il fattore D. (fattore Dark), che comprende una serie di caratteristiche predisponenti (individualismo, egoismo, machiavellismo, narcisismo, superiorità psicologica, psicopatia, sadismo, interessi sociali e materiali, malevolenza). Tra questi fattori possiamo aggiungere, non per ultimo, la mancanza di empatia (la capacità di provare dentro di sé le sofferenze altrui).
Ecco, tutto ciò attiva uno spunto di riflessione su ciò che poteva essere la struttura psichica e sociale dei tedeschi durante lo sterminio ebreo.
Ma non c’era solo questo.Tanti soldati, civili, uomini religiosi, persone comuni, si sono ribellati ognuno secondo le proprie possibilità, a contrastare l’abominio al quale assistevano.
Così come Freud riconosce i due principi: Eros (pulsione di vita) e Thanatos (pulsione di morte) siano due principi opposti ma complementari e che sono alla base delle dinamiche sociali e dell’evoluzione civile.
Perché questa tesi? La teoria contrasto tra Eros e Thanatos ha un potere di seduzione enorme, come spesso accade alle teorie dualiste. Formulato nell’interregno tra le due grandi tragedie del Novecento, la Prima e la Seconda guerra mondiale, sembra dare un senso psicologico alla follia distruttiva di quei decenni.
Da un lato, la follia distruttiva dei nazisti; dall’altro l’Amore verso la salvezza.
Ed è ciò che ci insegna la storia di Ambroselli, da tenere ben presente come esempio di coraggio, pur mettendo al repentaglio la propria vita non si è girato dall’altra parte dinanzi ad uno dei peggiori scempi che la mente umana è stata capace di tenere in piedi…
Questa storia dovrebbe dare indicazioni di quanto la mente umana trovandosi di fronte al bivio per antonomasia “la vita e la morte” si riarticola fino spingere eroi come Antonio Ambroselli a trovare il coraggio di sfidare l’atrocità, il freddo e distaccato modus operandi di chi crede che per governare sia necessario adoperare il linguaggio delle armi, della violenza, cosi come le torture, maltrattamenti, sottomissioni etc.
Da tenere ben presente che nonostante questa terribile lezione ancora oggi in diversi Paesi non vi alcun rispetto dei Diritti Umani, cosi come la sopraffazione, violenza di ogni genere e su chiunque, per il puro gusto di esercitare potere e paura.
Nel rispetto di quanto più volte enunciato dal Santo Padre “E’ in atto una terza guerra mondiale frammentata” dovuta al fatto che sono in corso decine di conflitti armati sparsi in tutto il mondo, tanti Capi di Stato, presidenti, politici, uomini influenti, negoziatori che hanno facoltà di intercedere per la fine delle ostilità e dare un futuro migliore a tante persone, sembra che di fronte a tale barbarie sia più comodo girarsi dall’altro lato, eppure il mondo stesso martoriato da tante oscenità e brutture offre ogni giorno abbastanza possibilità di riflessioni dove è sovente mettere a fuoco di quanto…
“La vita è bella”…
A cura di: Raffaele Fattopace