A fronte di vincoli sanzionati se ne chiede inflessibilmente il rispetto da parte degli stati, anche se cio’ puo’ comportare sacrifici per i piu’ deboli.
Mentre, al di fuori dell’area della sanzionabilita’, si e’ sordi a qualsiasi richiamo a porre in atto politiche virtuose di comune interesse e di reciproco aiuto. Non possono essere infatti considerate tali, i sia pur numerosi programmi di sostegno alle regioni europee più povere che non risolvono il problema di fondo della disuguaglianza crescente tra Paesi e all’interno dei Paesi stessi.
Consideriamo il mancato reinvestimento del surplus commerciale da parte dei Paesi ricchi (Germania e Olanda in testa) pur stabilito dai trattati; e il mai sufficientemente lodato quantitative easing che, pur avendo salvato l’Europa dalle conseguenze più nefaste della grande recessione, ha finito per favorire i soliti Paesi ricchi, aumentando le disuguaglianze. La Bce ha infatti acquistato titoli di stato in proporzione al Pil dei singoli Paesi e, ovviamente, la Germania ha fatto la parte del leone ulteriormente arricchendosi.
Che dire, poi, dello sconcertante scaricabarile fra i vari Stati sulla questione dei migranti ?
Ma, senza farci trascinare troppo lontano, limitiamoci a ricordare il trinceramento dei singoli governi, dietro la disfunzione di un sistema male impostato nell’assegnazione di sedi ed agenzie dell’Unione; per cui al momento buono a spartirsi l’utilita’ sono sempre gli stessi stati.
Tutto questo gioco all’insegna del « chi ha avuto ha avuto», e’ miopia politica
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Si indicano alcune soluzioni: un piano straordinario di investimenti per dare impulso alle infrastrutture economiche e sociali; un’assicurazione/ammortizzatore pan-europeo contro la disoccupazione; un bilancio e un ministro delle Finanze per l’Eurozona; l’acquisto da parte della BCE di titoli di stato dei Paesi con le spread più alto, ma con una bilancia commerciale in attivo, come nel caso dell’Italia, che bloccherebbe manovre speculative sullo spread.
Infine, ma certo non ultima per importanza, l’adozione di una politica economica europea verso il terzo mondo, in primis l’Africa, con gli immaginabili vantaggi che ne deriverebbero, a cominciare da una riduzione dell’ emigrazione senza regole.